Brescia Oggi
«L’autostrada della Valtrompia non s’ha da fare, mentre sarebbe meglio sistemare la statale 345 della Valtrompia, prolungare la metropolitana in costruzione e potenziare il trasporto pubblico». Anche la Brebemi, «che non esiste più nel suo progetto originario per gli extracosti che ne hanno fatto raddoppiare il costo a 1,5 miliardi», deve considerarsi sepolta e dunque ha ragione «Penati che dice di rifare la gara». Con un nuovo progetto, però, perché «non serve un nuovo nastro d’asfalto che crea traffico», ma piuttosto «una sistemazione della viabilità esistente». Anna Donati, presidente della Commissione Lavori pubblici del Senato, boccia le due autostrade che dovrebbero attraversare il nostro territorio e chiede di puntare invece su progetti che valorizzino le reti esistenti. Per questo invita tutti «a sedersi attorno a un tavolo e ragionare». Lo fa in un incontro convocato ieri dai Verdi alla quale hanno partecipato anche Monica Frassoni, presidente del Gruppo Verdi-Ale al Parlamento europeo, Ettore Brunelli, assessore all’Ambiente, alla mobilità e al traffico di Brescia, Paolo Mori, capogruppo dei Verdi in consiglio comunale ed Eugenio Cagna, coordinatore dei comitati Autostrada della Valtrompia. La Donati non ha risparmiato critiche al presidente Cavalli, accusato di cullarsi, sull’autostrada, in «speranze e desideri non fondati sui fatti». «Che un presidente della Provincia dica che la proroga della concessione alla Serenissima è un atto dovuto perché è lì sul tavolo del ministro è una cosa senza possibilità di successo perché non prende atto di un percorso molto delicato di norme che esistono, di osservazioni della Corte dei conti, del fatto che neppure il governo Berlusconi è riuscito a dargliela. Figuriamoci se un nuovo ministro che arriva propone pulizia e rigore nelle concessioni nell’interesse pubblico, come primo atto si mette a firmare le cose del governo precedente». Senza contare, aggiungono i Verdi, che «la proroga al 31 dicembre 2036 della concessione alla Serenissima è illegittima». Oltre a essere stata «decisa in una seduta clandestina del Cipe, a governo dimissionato» e non aver neppure ottenuto la firma del presidente del Consiglio uscente, Berlusconi, l’atto si pone «in contrasto con le norme in materia di concorrenza e concessioni, in Italia e in Europea». In particolare, spiegano i Verdi, con la direttiva interministeriale Costa-Ciampi 283/98 – che «prevede alla scadenza della convenzione vigente il subentro di un nuovo concessionario, da individuare con gara pubblica che dovrà indennizzare il concessionario uscente degli investimenti realizzati e non ammortizzati» – e con la direttiva 93/37 Ce – «che impone alla scadenza delle concessioni l’obbligo di mettere a gara d’appalto l’intera gestione delle concessioni, inclusi gli investimenti previsti nelle convenzioni in essere». Paolo Algisi