La Repubblica
di CARMELO LOPAPA
Sono già proiettati verso la battaglia d’aula di fine gennaio per ostacolare il rifinanziamento della missione in Afghanistan. Ma i parlamentari della sinistra radicale hanno deciso di non gettare la spugna sulla decisione del governo di consentire l’ampliamento della base Usa di Vicenza.
Hanno fatto sapere di essere 120, tra deputati e senatori. E si sono dati appuntamento martedì sera alla Camera. Si costituiranno in comitato (parallelo a quello dei “resistenti” vicentini) e chiederanno al premier Prodi di riferire in aula, ma soprattutto di fare marcia indietro. E tutto questo non fa che mantenere assai alta la temperatura dentro la maggioranza, dopo il via libera concesso dal presidente del Consiglio alle autorità Usa. La diessina Lalla Trupia si è sospesa dal partito per protesta nel bel mezzo della direzione. Il segretario del Prc Giordano ha ribadito il suo no su Vicenza e ha lanciato un nuovo messaggio a Prodi: “Penso che dobbiamo tenere aperto il confronto e tenere le condizioni per un forte elemento di discontinuità”. Rispetto al governo Berlusconi, sottinteso. Anche per il leader del Pdci Oliviero Diliberto è stato “un errore molto serio aver deciso di mettere a repentaglio la sicurezza non solo degli abitanti della città ma di tutta l’Italia, perché la base Usa diventerà la più grande d’Europa”. Per questo il ministro verde Pecoraro Scanio sollecita ora una “proposta pacifista”.
Le tensioni sono già proiettate sul voto d’aula – tra poche settimane – sui nostri soldati impiegati a Kabul. Il ministro del Prc Ferrero invita il suo governo a trovare il modo per “uscire dal mandato in Afghanistan”. Il segretario del Pdci Diliberto mette in guardia dalle sirene centriste dell’Udc pronte a sostenere la missione proprio in sostituzione della sinistra radicale. In quel caso, è il messaggio, cambierebbe la maggioranza “con tutte le conseguenze che questo potrebbe avere sul governo Prodi”.
Ma il fronte più caldo per il momento resta Vicenza. Un primo incontro i parlamentari della sinistra Ds, di Rifondazione, dei Comunisti italiani e dei Verdi lo hanno avuto ieri mattina a Palazzo Madama, per incontrare i rappresentanti del comitato vicentino per il no alla base. Tra gli altri, il capogruppo dei Verdi-Pdci Manuela Palermi con la senatrice del gruppo Anna Donati, i deputati del Prc Paolo Cacciari, Francesco Caruso e Elettra Deiana, la diessina Lalla Trupia, il responsabile Esteri del Pdci Iacopo Venier. “Siamo 120 noi parlamentari contrari all’ampliamento della base statunitense – ha raccontato Elettra Deiana a nome del gruppo al termine dell’incontro -. Martedì formeremo questo comitato per una mobilitazione permanente e stileremo un’interrogazione parlamentare, che presenteremo nei due rami del Parlamento. Prodi deve venire in aula a darci spiegazioni sul perché si è stati così superficiali su un tema così delicato. Il governo gioca a imbrogliarci”.
Oggi pomeriggio è in programma il sit-in di protesta dei comitati civici vicentini davanti a Montecitorio, intenzionati a consegnare a Prodi, se non a bruciare, le schede elettorali. Alla manifestazione hanno aderito sigle di parecchie organizzazioni della sinistra antagonista. Ieri pomeriggio le porte di Palazzo Chigi si sono aperte invece a una delegazione dei cittadini che vogliono il referendum contro la base Usa, ricevuti dal sottosegretario Enrico Letta. “Ci ha detto che la responsabilità di quanto è accaduto è tutta del sindaco di Vicenza – ha raccontato all’uscita Patrizia Balbo, rappresentante dei comitati -. Finché il sindaco dice sì, la base sarà ampliata. Non andiamo avanti con la mobilitazione per il referendum”. Letta, dal canto suo, ha fatto saper di aver “spiegato le responsabilità che al nostro paese derivano dalla sua collocazione internazionale e dalle sue alleanze storiche”. Il governo ha assicurato il suo “impegno per ridurre il disagio per la popolazione e la totale collaborazione con le istituzioni locali e i cittadini”. Ma questo non implicherà in alcun modo un ripensamento del sì alla base.