XIV legislatura
Seduta n. 36
Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti industriali strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”(AS374) la cosiddetta LEGGE OBIETTIVO
(dichiarazione di voto)
DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, la richiesta di fiducia avanzata dal Governo sul provvedimento per il rilancio in Italia delle infrastrutture e dei trasporti, nonché delle aree industriali strategiche, ritengo rappresenti non solo un atto di disprezzo nei confronti dell’opposizione di questo Parlamento, che nella discussione svolta sia nelle Commissioni riunite che in Aula ha messo idee, intelligenza e proposte ma, soprattutto, un segno di debolezza e di sfiducia nei confronti della propria maggioranza. Non solo per la difficoltà comprensibile, diffusa di restare in Aula ancora per i prossimi giorni, ma anche perché ci sono, e sono note, discussioni nel merito del testo che attraversano, con qualche dubbio positivo qua e là, la stessa maggioranza.
Si tratta di un testo che si configura come una legge speciale con elenchi discrezionali, che consente leggi delega al Governo – ribadite in quest’Aula – fuori dai limiti che la Costituzione prefigge per questi casi, con un dibattito che è avvenuto nelle Commissioni riunite per non più di due settimane, nei ritagli di tempo tra un’Aula e l’altra, fissato il tempo e la scadenza in Aula e infine, con il voto di fiducia posto su un nuovo testo.
Sono amareggiata per questo comportamento. Lo sono davvero perché sono sicura che il nostro atteggiamento, volto certamente a criticare duramente questo provvedimento, mirava soltanto all’interesse collettivo, alla realizzazione di migliori regole e di quanto davvero occorre a questo Paese.
E’ stato affermato anche dal ministro Lunardi che questo testo è migliorativo e in parte accoglie anche proposte avanzate dall’opposizione; purtroppo, ne richiama i titoli ma non la valenza.
Prendiamo in esame due casi. La valutazione di impatto ambientale riferita alle opere previste al comma 1 (quindi gli elenchi discrezionali) è riferita alle direttive europee. Si tratta di un aspetto importante, l’abbiamo spiegato tenendo in Commissione quasi dei corsi di valutazione di impatto ambientale. Perché richiamare allora soltanto l’articolo 2, quello che recita chiaramente (ed è normativa comunitaria) che la VIA si fa, ma che, in modo motivato, ad essa si può anche derogare?
E’ chiaro l’intento del Governo: su queste grandi opere strategiche non c’è la volontà di fare una valutazione di impatto ambientale coerente con le difficoltà progettuali e territoriali che le grandi opere incontrano sempre sul nostro territorio.
E ancora, per quanto riguarda il Piano generale dei trasporti, manca una logica di pianificazione e di strategia entro cui scegliere. Sarebbe stato logico e anche comprensibile che una maggioranza che ha vinto le elezioni, che vuole governare e cambiare l’Italia si candidi a realizzare in fretta opere utili, ma almeno deve scegliere nell’ambito di una strategia pubblica e trasparente (non dico condivisa da tutto il Parlamento perchè può anche essere decisa a maggioranza, ma almeno deve essere trasparente).
Il fatto che si richiami il Piano generale dei trasporti come documento di riferimento, dicendo però che ogni altra opera che verrà scelta (ovviamente discrezionalmente perché non sono chiari gli obiettivi fondamentali di questi miglioramenti infrastrutturali, se a fini di sostenibilità ambientale, di miglior servizio ai cittadini nel campo della mobilità e alle imprese) automaticamente cambia il Piano generale dei trasporti.
E così una battaglia che abbiamo fatto noi, quella per avere uno strumento di pianificazione (ovviamente non quello elaborato dal Governo di centro-sinistra, ma un altro che doveva e ritengo dovrà fare la maggioranza), diventa il grimaldello per non elaborare un nuovo Piano generale dei trasporti e allungare la lista indistintamente e senza discussioni parlamentari.
Passo rapidamente ad altri aspetti incomprensibili. Alla fine, in questo provvedimento ci sono tre ordini di livello: le opere che si fanno subito, quelle previste per il 2002-2003 e le opere a regime. E’ abbastanza strano per un provvedimento con il quale si dice di voler cambiare domattina le regole per fare in fretta le cinque cose – così ci è stato ribadito in ogni discussione pubblica e privata – che servono a questo Paese.
Abbiamo notato dei peggioramenti e di questo siamo profondamente dispiaciuti. L’estensione della DIA anche al patrimonio vincolato è un peggioramento chiaro, una risposta di assoluta sordità nei confronti dei temi e degli interessi ambientali e storico-momumentali che abbiamo portato in ogni sede.
Inoltre, costituisce un peggioramento anche l’articolo sui rifiuti, che aggiunge una norma che va ad interferire con inchieste in corso. Al di là del merito della norma (credo che avremo tante altre sedi per discutere se sia giusta o meno), ritengo che questa interferisca con le inchieste della magistratura ancora in corso, tra l’altro – vorrei ricordarlo – nei confronti di un’opera di cui il ministro Lunardi è progettista.
Infine, l’aspetto che ritengo ancora più grave di questo provvedimento riguarda le modifiche che vengono apportate con una legge delega alla legge Merloni. La figura del contraente generale, correttamente scelto con una gara, che può affidare a qualsiasi impresa mediante trattativa privata qualunque opera a sua discrezionalità, significa che siamo sottraendo fette robuste di mercato alle nostre imprese, forse solo a quelle medie e piccole, ma sappiamo che esse costituiscono il grande tessuto, anche di coesione sociale, del nostro Paese.
Voglio contestare profondamente il senso del provvedimento. Uno degli esponenti della maggioranza, il Presidente della Commissione lavori pubblici, di cui faccio parte, ha avuto l’onestà intellettuale di dire in quest’Aula quella che ritengo sia la verità, o una delle possibili verità, come mi ricorderebbe sicuramente il Presidente. Egli ha affermato che dobbiamo liberarci delle norme adottate dopo gli anni bui di Tangentopoli, perché sono troppo piene di controlli, di regole, di sistemi procedurali che non ci hanno consentito di realizzare nulla. E’ questo il senso del provvedimento.
Allora ripercorriamo quelle tappe: cos’è stata Tangentopoli e perché è nata. Vogliamo riproporla? Guardate che con questo provvedimento stiamo purtroppo – dico “purtroppo” perché speravo che quella fase fosse stata superata – mettendo le premesse perché si verifichi nuovamente ciò che è accaduto. Ve lo ricordo: elenchi discrezionali, massimo accentramento e mancato coinvolgimento degli enti locali, deroghe alla normativa (che anche all’epoca vennero fatte invocando continuamente la trattativa privata come sistema ordinario), istituzione della Conferenza dei servizi con decisioni prese a maggioranza o semplicemente da chi vi partecipava.
Tangentopoli non ha prodotto alcuna opera pubblica. Se andate a verificare i dati relativi ai 50.000 miliardi di investimenti che soltanto nel triennio 1989-1991 furono decisi con queste procedure, non c’è un’opera pubblica di interesse collettivo utile, finita, completata di cui i cittadini possano adeguatamente servirsi. Questa è stata Tangentopoli. E i Governi, anche con l’aiuto delle varie opposizioni che si sono succedute, hanno rimesso mano con profondo rigore alla legge in materia di appalti, hanno adottato un Piano generale dei trasporti che non è altro che un contesto di scelte pubbliche e condivise. Hanno puntato a semplificare, perché certamente c’è un problema di delegificazione e di semplificazione per accelerare i tempi. Ma non si trovano le scorciatoie per risolvere problemi sempre più complessi semplicemente azzerandoli. I problemi ritorneranno a galla e sono sicura che nei prossimi anni, nelle Aule parlamentari, torneremo a parlare di questi provvedimenti.
Infine, qual è la forza che la maggioranza invoca per dire che non le importa nulla, che mette il voto di fiducia: legge delega, elenchi discrezionali, legge Merloni da rifare soltanto con un parere del Parlamento, buttando via dieci anni di duro lavoro di questa Istituzione? È rappresentata dai cittadini che – si dice – vogliono in fretta opere di cui hanno grandemente bisogno. Voglio, però, ricordare che gli stessi cittadini, che sicuramente vogliono opere di interesse collettivo, vogliono anche la tutela dell’ambiente. Se voi li interpellate, vi risponderanno che certamente le opere devono essere realizzate ma ciò deve avvenire nel rispetto, cambiando e migliorando i progetti. I cittadini vogliono trasparenza e concorrenza. Nessuno in questo Paese – credo – è disposto, dopo le regole devastanti che abbiamo avuto, a sopportare ulteriormente che qualcuno possa impossessarsi di risorse pubbliche in deroga alle leggi vigenti.
Vi abbiamo chiesto equilibrio. Facciamo pure in fretta le opere di interesse collettivo, ma realizziamole con maggiore rispetto per l’ambiente, con maggiore concorrenza, trasparenza, semplificazione e velocità. Questo provvedimento, invece, privilegia solo – come recita la relazione – l’opera in sé e butta via tutto il resto. Pensate che il fatto di buttare via il Piano generale dei trasporti, di non sentire gli enti locali, di andare avanti a colpi di maggioranza, di accentrare le decisioni vi possa consentire di accelerare sui nostri territori, dove vivono i cittadini, dove scelgono le nostre comunità locali, la realizzazione delle infrastrutture o degli interventi strategici industriali senza che ciò rappresenti il presupposto per futuri conflitti e futuri contenziosi.
Chiedevamo soltanto più equilibrio. Non siamo stati ascoltati e siamo – questa è la mia conclusione – anche molto preoccupati che questo provvedimento, al di là di ciò che sta scritto nelle norme, sia la premessa per future Tangentopoli. Infatti, quando si deroga la legge sugli appalti, quando si sceglie discrezionalmente, quando si è fuori dai contesti strategici di pianificazione, quando si escludono gli enti locali e si semplifica, attribuendo al CIPE addirittura l’approvazione di progetti preliminari e definitivi, ci sono tutte le premesse per non costruire ciò di cui abbiamo tutti bisogno in fretta. Purtroppo, facendo ciò, stiamo preparando – mi auguro che non sia così – le future inchieste della magistratura su fatti come quelli che in passato non hanno prodotto opere pubbliche ma solo voragini nei conti dello Stato, hanno distrutto l’ambiente e non hanno migliorato i servizi al cittadino.
Vi chiedevamo solo più equilibrio e invece avete privilegiato l’opera in sé contro ogni altra regola. Questa, però, è una scorciatoia che – purtroppo – siamo sicuri non ci porterà da nessuna parte. Questa è la ragione per cui con il voto di fiducia ci siamo sentiti, anche come Gruppo dei Verdi, disprezzati nel nostro lavoro. Continueremo sicuramente ad opporci, ad intervenire contro questi provvedimenti e ci auguriamo che, passata la fase dei cento giorni, delle parole d’ordine che suonano bene ma che probabilmente non produrranno niente, prevalga un senso di equilibrio e di ragione che ci faccia lavorare nell’interesse collettivo, come purtroppo in questo caso non è avvenuto. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U, Mar-DL-U e Misto-RC e del senatore De Paoli. Congratulazioni).