XIV legislatura
Seduta n. 219
Doc. LVII n.2 ” Documento di programmazione economico- finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006 “
DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghe e colleghi, il Documento di programmazione economico-finanziaria 2003-2006 posto alla nostra attenzione dedica nuovamente ed in modo coerente un ruolo fondamentale alla politica delle infrastrutture, ritenute queste ultime un elemento fondante di rilancio dell’occupazione, di aiuto allo sviluppo del prodotto interno lordo e, più in generale, un valore aggiunto per la nostra economia. Quindi, il Documento di programmazione economico-finanziaria si richiama coerentemente alla legge obiettivo, si riferisce agli elenchi delle opere strategiche individuate con delibera CIPE e indica le risorse indispensabili al fine di passare dalla programmazione e progettazione all’apertura dei cantieri, come un evento indispensabile per dare concretezza e attuazione alle politiche del Governo.
Se andiamo, però, a verificare queste parole e le indicazioni con la concretezza delle risorse e degli elenchi contenuti nel Documento di programmazione economico-finanziaria, in realtà parliamo di immensi castelli di carta non supportati da adeguate risorse finanziarie.
Voglio ricordare che la legge obiettivo prevede che nel Documento di programmazione economico-finanziaria e poi nella legge finanziaria siano contenute l’esatta descrizione degli interventi che in quell’anno si vogliono realizzare; le risorse effettivamente disponibili e una migliore descrizione, precisata anche dal collegato infrastrutture che abbiamo appena votato, al fine di individuare anche le eventuali risorse, disponibili e indisponibili, al fine di programmare, con un’adeguata certezza, la realizzazione e l’apertura dei cantieri.
Ciò è quanto dovrebbe fare il Documento di programmazione economico-finanziaria; se però leggiamo con attenzione quello posto al nostro esame, rileviamo che in realtà non contiene nulla di tutto questo.
Che cosa fa il Documento? Intanto, non definisce le opere prioritarie e le risorse disponibili e indisponibili. Rinvia – richiamo tutti ad una lettura attenta di pagina 120 del Documento – alle prossime leggi finanziarie la copertura delle indicazioni già assunte nella delibera CIPE del 21 dicembre 2001.
Che cosa significa questo? Significa che, l’anno scorso, il Governo ha fatto e ha approvato, all’interno del CIPE, un elenco strategico di 250 interventi, pari ad un costo di 123 miliardi di euro per il prossimo decennio, di cui sono coperti nel triennio circa 13.500 miliardi di vecchie lire, ossia circa 6,5 miliardi di euro.
Ebbene, quelle risorse sono contenute solo in parte nella spesa della finanziaria 2002 e si sostiene che tutto quello di aggiuntivo, che era ed è indispensabile reperire in questo Documento di programmazione economico-finanziaria, sarà trovato nelle prossime leggi finanziarie. Quindi, da un lato, si lascia inalterato l’ammontare delle risorse complessivamente disponibili e, dall’altro, si rinvia al futuro l’identificazione di risorse aggiuntive. Farò anche due esempi per dimostrare quanto sostengo.
Ho ben presente che il Documento di programmazione economico-finanziaria contiene una lista di 21 opere particolarmente strategiche, che corrispondono a 31 interventi concreti nel campo delle infrastrutture e dei trasporti. Se andiamo a leggere bene questo elenco di opere, a chi segue continuamente la materia risulta ben chiaro di cosa si tratta: dalla sterminata delibera CIPE sono state assunte 21 opere o interventi strategici con particolari caratteristiche di grande utilità e di grande rilevanza. Tuttavia, al titolo riassunto nel Documento di programmazione economico-finanziaria non equivale alcuna risorsa concentrata aggiuntiva per queste opere, né ci sono indicazioni che ciò avverrà nella prossima legge finanziaria 2003.
Quindi, si tratta semplicemente di aver stralciato 21 interventi dai 250 programmati, di aver attribuito loro il titolo di “prioritari”, senza però corrispondere a tale priorità alcuna indicazione per quanto riguarda il futuro.
Anzi, vi sono alcune questioni abbastanza delicate che chiedo anche al Governo di chiarire, perché altrimenti potrebbero ingenerare una grande confusione in ordine alle risorse pubbliche e private disponibili.
Voglio citare due casi per farmi meglio comprendere. In questi giorni, siamo tutti profondamente preoccupati e dispiaciuti per il grave incidente ferroviario capitato nel nostro Mezzogiorno vicino a Messina; ebbene, se andiamo a vedere nella tabella riportata nel Documento di programmazione economico-finanziaria, constatiamo che in effetti, per gli assi ferroviari Salerno-Reggio Calabria e Palermo-Catania, quindi includendo tutta la rete che oltre lo Stretto va sia in direzione di Palermo che di Catania, si parla di un costo complessivo pari a circa 12.300 milioni di euro per i prossimi dieci anni, di cui effettivamente disponibili 404. Cioè, per fare tutte queste opere, pari a circa 25.000 miliardi di vecchie lire di investimenti, come contributo straordinario e come definizione di opera strategica, stiamo parlando di 808 miliardi di vecchie lire per il prossimo triennio; quindi, rispetto all’ammontare di risorse indispensabili, davvero le briciole.
Questo credo dimostri, senza polemica, ma con molta durezza, che i numeri non contano e che mettere un titolo di opera prioritaria a qualcosa a cui non corrisponde una concentrazione di risorse significa con tutta evidenza che non sarà effettivamente così.
Il secondo caso che prendo ad esempio riguarda il Nord, l’asse autostradale Parma-Verona “Autocisa-Autobrennero”. Nella delibera CIPE si parlava (e questo è anche un chiarimento che chiedo) di un costo di quest’opera pari a circa 1.000 milioni di euro per la sua realizzazione, di cui – diceva sempre la delibera CIPE – almeno il 50 per cento doveva essere autofinanziato, trattandosi di una concessione in essere (in questo caso, l’Autocisa). Quindi una quota di quelle risorse, il 50 per cento, appunto, doveva essere reperito in autofinanziamento dalla concessionaria, mentre, per quanto riguarda le risorse pubbliche, così come viene confermato anche nel DPEF, si parla di 98 milioni di euro.
Ebbene, la cosa che mi preoccupa è che quello della prima tabella, invece di essere il costo complessivo dell’opera, è diventato il costo complessivo a carico pubblico, intendendo – se questa tabella ha un senso – che i 2.000 miliardi di vecchie lire per quell’autostrada dovranno essere risorse interamente pubbliche; però restano i 98 milioni di euro di contributo nel triennio che lo Stato è nelle condizioni di stanziare per quell’opera.
Ho fatto questi due esempi, uno al Nord e uno al Sud, uno che riguarda un asse ferroviario, un altro un asse autostradale, proprio per dimostrare che i numeri non tornano, che c’è una coerenza debolissima in ordine alla delibera CIPE e che l’elenco è talmente sterminato che semplicemente stralciarlo, assumerlo e mettergli un titolo non corrisponde assolutamente ad una indicazione di priorità.
Credo che il Governo dovrebbe, almeno nel Documento di programmazione economico-finanziaria, individuare alcune di queste 21 opere strategiche, che come vedete corrispondono ad un ammontare di notevoli risorse pubbliche e forse anche a qualcosa di privato (tutto da dimostrare); infatti, credo che in realtà nel triennio non possano essere più di quattro o cinque le opere effettivamente prioritarie e che, ogni volta che gli elenchi sono così sterminati, il rischio è che non ci sia un equilibrio tra le varie aree del Paese, che partano prima in termini di cantiere opere inutili rispetto a opere assolutamente fondamentali, quali, ad esempio, i potenziamenti ferroviari nel Mezzogiorno.
Quindi, il Documento di programmazione economico-finanziaria è incoerente rispetto alla legge obiettivo, non fa chiarezza, non destina risorse aggiuntive: semplicemente muta i titoli, senza mutare la sostanza dei provvedimenti.
Ancora due questioni: una riguarda la politica dei trasporti che è contenuta in questo testo e un’altra è riferita all’ANAS, che ora, nel decreto omnibus all’esame della Camera, viene trasformata in società per azioni.
Per quanto concerne la prima questione, quella della politica dei trasporti, il Documento al nostro esame include un capitolo – ovviamente sintetico, adeguato sicuramente a un documento di larga strategia – dedicato ai trasporti, che io ritengo sostanzialmente condivisibile. C’è un elenco di cose da fare, dall’attuazione del PGT alla logistica integrata, al sostegno al cabotaggio, alle misure rivolte alle città, che trova consenso anche da parte del Gruppo verde; però purtroppo siamo fermi ai titoli: cioè, a questa indicazione e a queste suggestioni anche positive non corrisponde un arco temporale, finanziario e tempistico che definisca un quadro di azioni coerente entro cui questi titoli possano trasformarsi in azioni politiche e in azioni capaci di incidere sulla realtà. Pertanto, titoli giusti, ma soltanto titoli.
Infine, voglio dedicare il tempo residuo che mi rimane alla vicenda dell’ANAS, di cui torneremo a parlare. Voglio qui segnalare un aspetto specifico. In queste ore, considerata anche l’approvazione del provvedimento alla Camera con voto di fiducia, l’ANAS è una di quelle aziende che sarà trasformata in società per azioni. Ci è sembrato di cogliere che l’effetto pratico più concreto sia quello di togliere dalla contabilità diretta dello Stato il bilancio di un’azienda che in questo momento rappresenta soltanto un costo. Peraltro cosa dovrebbe essere, dato che tutte le politiche tariffarie e gli introiti sono demandati dall’ente concedente ai concessionari autostradali, gli unici in questo momento abilitati a riscuotere pedaggi? È evidente che un’azienda, che fa manutenzione e investimenti di spesa, viene sottratta alla contabilità in modo non dico irresponsabile, ma che comunque pare soltanto finalizzato ad occultare i conti, senza mutare la sostanza di un’azienda che resta un’azienda che deve fare investimenti e manutenzione e, quindi, un’azienda che fa spesa. A meno che non s’intenda sottoporre a pedaggio anche tutte le strade urbane ed extraurbane d’Italia, scelta che non sarebbe sicuramente popolare. Potrebbe essere anche un ragionamento interessante, ma dire che un’azienda è una S.p.a., quando non ha alcun introito tariffario e quando non ne ha le caratteristiche tecnico-gestionali sembra davvero soltanto un modo per aggirare la normativa in materia di contabilità dello Stato.
Quello che mi colpisce, tuttavia, non è questo aspetto specifico, di cui discuteremo, ma il fatto che non c’è un corrispondente effetto finanziario sul Documento di programmazione economico-finanziaria. In altre parole, nel testo non ho ritrovato una riga che renda conto di cosa accade a una grande azienda destinata alla gestione e alla manutenzione della rete stradale nazionale, com’è stato deciso, e quale impatto economico tutto questo comporti sulla contabilità futura. Anche in questo caso mi pare si proceda per strade parallele e quello che è contenuto nei decreti, i piani di investimenti promessi o le strategie, come appunto la trasformazione dell’ANAS in S.p.a., non trova riscontro all’interno di un Documento di programmazione economico-finanziaria, che pure ha un orizzonte temporale che va dal 2003 al 2006.
Queste sono le tre obiezioni fondamentali che intendevo fare relativamente alla politica dei trasporti e delle infrastrutture: un modo occulto, quello della trasformazione in S.p.a., per non rendere evidenti costi pubblici che comunque ci sono; una politica delle infrastrutture per ora soltanto di carta, con scarsissime risorse, a cui si aggiunge un’incapacità di selezionare priorità e investimenti che non possono che essere individuati con precisione; infine, una politica dei trasporti che, pur sommando obiettivi condivisibili, non li traduce in piani, azioni e risorse tali da passare dalle parole ai fatti. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e del senatore Marini).