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Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Il futuro dell’Italia non è nelle grandi opere

24 Ottobre 2003

Il Manifesto

Anna Donati*

Il 24 ottobre a Verona oltre ai sindacati, scenderanno in piazza comitati di cittadini,  associazioni ambientaliste e  forze politiche che da anni si battono contro le grandi opere inutili e devastanti. Faranno sentire il loro dissenso in occasione del vertice europeo dei Ministri dei trasporti che  si terrà a Verona il 23 e 24 ottobre, presieduto dal Ministro Lunardi e con all’ordine del giorno la discussione sulle grandi reti transeuropee di trasporto.
Dopo anni di battaglie dentro le istituzioni contro la legge obiettivo del Governo Berlusconi,  ora lo sterminato elenco di opere strategiche si sta trasformando in progetti concreti, senza che sia stata effettuata la selezione prevista dal Piano generale dei Trasporti sulla base di una Valutazione Ambientale Strategica.
Questo alimenta  le reazioni dei cittadini ed un forte impegno delle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente ed Italia Nostra con un fiorire di comitati, osservazioni critiche, ricorsi, assemblee, siti e reti telematiche, che mobilita partecipazione, competenze e proposte alternative.
Basti pensare che su 250 opere strategiche della legge obiettivo, più di 80 sono in procedura di valutazione ambientale, ed alcune come il Ponte sullo Stretto di Messina, il terzo valico Milano-Genova o la tratta AV Milano-Verona, hanno superato il vaglio della  commissione VIA e del Cipe sul progetto preliminare.
Altre invece sono state autorizzate per Decreto, come la Valdastico Sud per superare il parere negativo del Ministero dei beni culturali ed ambientali, ed il Mose, autorizzato senza una valutazione ambientale positiva.
Molte di queste battaglie sono condotte anche da Sindaci ed istituzioni: è il caso del sindaco di Villa S.Giovanni contro il Ponte, del Presidente della Comunità Montana in Valsusa contro l’AV Torino-Lione, del sindaco di Melzo che presiede una alleanza di 35 sindaci contro l’autostrada BreBeMi.
Ma critici sono anche gli industriali calabresi, che non ritengono prioritario il Ponte sullo stretto  o l’Associazione Industriali di Vicenza che ha criticato il tracciato proposto per l’alta velocità ferroviaria.

Ai progetti devastanti vengono sempre proposte alternative credibili e praticabili: non solo mitigazioni di tracciato ed alternative modali, ma anche efficienza d’uso ed  innovazione tecnologiche. Per esempio in alternativa alle grandi autostrade gli ecologisti  propongono di potenziare ed adeguare le infrastrutture stradali esistenti, anche pedaggiando il traffico di lunga percorrenza,  risolvendo così problemi di mobilità locale senza attirare nuovo traffico di transito. Sono casi i concreti dell’Autostrada Pedemontana Veneta, dell’ammodernamento dell’Aurelia in Maremma e dell’alternativa alla Brebemi avanzata dai sindaci.

La recente sentenza 303 della Corte Costituzionale sui ricorsi contro la Legge Obiettivo pur confermando l’impianto della legge ha dichiarato illegittime alcune parti rilevanti che restituiscono alle Regioni un ruolo fondamentale per fissare gli elenchi di opere strategiche, per assicurare l’intesa sui progetti e tracciati di interesse nazionale ( che non può essere superata a maggioranza) e per definire quelli di propria competenza.
Questa sentenza deve aprire anche una fase nuova di interlocuzione con le Regioni, senza nascondere che fino ad oggi le intese con il Governo hanno in genere allungato gli elenchi di opere da realizzare.

Infine non bisogna illudersi che la carenza di risorse pubbliche  possa fermare le infrastrutture strategiche, perché il tentativo del Governo Berlusconi è  assai più pericoloso. Aprire tanti cantieri con le poche risorse pubbliche disponibili scaricando sui bilanci futuri i costi delle infrastrutture, lasciando quindi alle generazioni future un pesante debito pubblico.
Secondo al legge Finanziaria 2004, le risorse pubbliche disponibili per il fondo speciale opere strategiche, hanno attivato mutui per 4, 5 miliardi di euro nel triennio 2002-2004, a cui vanno aggiunti mutui per 5 miliardi di euro attivabili dal 2005-2006. Un totale di 9,5 miliardi di euro nel periodo 2002-2006 quando il grande piano decennale da 125 miliardi euro del Ministro Lunardi, avrebbe già dovuto reperire almeno 50 miliardi di euro tra risorse pubbliche e private.
Ma a queste risorse devono essere  aggiunte, anche se non si vedono nel Bilancio dello Stato, i 2 miliardi di risorse di Anas spa,  gli investimenti per l’alta velocità ferroviaria Torino-Milano-Napoli trasferiti ad Infrastrutture SpA con garanzia dello Stato pari a circa 28 miliardi di Euro, i 6 miliardi previsti per il Ponte sullo Stretto, di cui 2,5 saranno risorse pubbliche provenienti da Fintenca (exIRI) ed il resto mutui con garanzia dello Stato. A questi vanno aggiunti anche  i piani delle concessionarie autostradali, a partire da Autostrade spa che ha richiesto ( e non ottenuto per il momento)  un robusto incremento delle tariffe in cambio di un piano di investimenti pari a 13 miliardi di euro.
Sommando queste risorse risulta evidente il tentativo di aprire cantieri  con la logica dei mutui e delle garanzie dello Stato, che  produrranno i loro effetti devastanti sul bilancio dello stato negli anni futuri.

Un pesante indebitamento ed effetti ambientali negativi, che devono preoccupare tutte le forze di opposizione e non solo Verdi, Rifondazione e PdCI,  da sempre contrari alle opere devastanti.
Con l’obiettivo di selezionare le opere strategiche, puntando  a realizzare quelle utili e sostenibili per l’ambiente.

*senatrice Verdi L’Ulivo

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