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Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Ratifica Accordo misure per industria difesa

4 Marzo 2004

XIV legislatura

Seduta n. 346

discussione del disegno di legge:

Ratifica ed esecuzione dell’Accordo quadro tra la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna, il Regno di Svezia e il Regno Unito della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attività dell’industria europea per la difesa, con allegato, fatto a Farnborough il 27 luglio 2000, nonché modifiche alla legge 9 luglio 1990, n. 185 (Approvato dalla Camera dei deputati) (1547)

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, la ringrazio per la gentilezza che ci ha voluto accordare.

Onorevoli colleghi e colleghe, signori rappresentanti del Governo, nel 1990 il nostro Paese, approvando la legge n. 185, si dotò di uno strumento avanzatissimo per il controllo sull’esportazione delle armi, subordinando tale attività alla politica estera italiana, alla nostra Costituzione e ad una serie di princìpi previsti dalle norme internazionali.

In questo senso, la citata legge n. 185 ha anticipato il cosiddetto Codice di condotta europeo, attraverso la previsione di trasparenza nei passaggi e di controlli rigorosi. Va detto anche che nel 1993 la legge, anche per adeguamenti a direttive comunitarie, fu già in parte svuotata, perché ne fu ristretta l’applicazione ad armamenti di esclusivo uso militare.

Ora, con il provvedimento alla nostra attenzione, di ratifica dell’Accordo di Farnborough, si stravolge ancora di più una legge rigorosa per il controllo della produzione ed esportazione di armamenti; anzi, la ratifica dell’Accordo non implica affatto la modifica e il peggioramento della citata legge n. 185: l’Accordo non lo richiede e non lo impone e sarebbe corretto separare questa discussione stralciando dal testo gli articoli successivi al 2. Basti pensare che ben 10 articoli su 14 recano modifiche peggiorative, che allentano i controlli e deregolamentano la produzione e l’esportazione di armi.

Non siamo contrari alla razionalizzazione dell’industria europea della difesa, perché essa è certamente parte di un futuro sistema di difesa europeo, anche se è evidente che le politiche di sicurezza non possono basarsi sull’industria degli armamenti, ma su un complesso di azioni politiche ed istituzionali a sostegno della pace e della cooperazione tra i popoli; tuttavia, non vogliamo che l’applicazione dell’Accordo significhi fare passi indietro rispetto ad una conquista di civiltà e le nostre preoccupazioni sono condivise da migliaia di cittadini e da associazioni cattoliche, pacifiste e sindacali che si sono mobilitate fuori di quest’Aula contro il disegno di legge.

Le modifiche peggiorative riguardano essenzialmente la previsione di semplificazione dell’azione di vigilanza e delle procedure di controllo attraverso la cosiddetta licenza globale di progetto: addirittura essa viene estesa anche ai Paesi europei che non hanno firmato l’Accordo e soprattutto ai restanti paesi NATO.

Va ricordato che molte legislazioni europee e dei Paesi NATO sono molto più permissive della nostra e ciò significa rilasciare, attraverso una licenza globale di progetto, una delega in bianco al Paese con cui si coproduce, rispetto alla scelta delle destinazioni finali, senza controllo da parte del nostro Governo e del Parlamento.

Inoltre, come prevede questo provvedimento, la licenza si applica non solo alle coproduzioni governative, ma anche a quelle tra industrie private, con una evidente riduzione dei controlli e delle garanzie: basti ricordare, sempre per fare un confronto, che l’Accordo di Farnborough prevedeva tutto questo esclusivamente per le coproduzioni governative.

Si riducono e si allentano, dunque, i controlli, eludendo le norme relative – ad esempio – alle attività bancarie, che non verranno più notificate al Ministero del tesoro e da questo autorizzate.

Questo aspetto è di per sé assai grave, perché – lo voglio ricordare – la legge n. 185 del 1990 nacque proprio a seguito dello scandalo BNL-Atlanta: le accertate triangolazioni di commercio di armi in cui fu coinvolto il nostro Paese diedero vita ad una campagna sociale di numerose associazioni cattoliche e non violente “Contro i mercanti di morte”, che richiesero ed ottennero dal nostro Paese una normativa assai stringente ed avanzata.

L’attuale normativa prevede il divieto di esportazioni di armi a Paesi in conflitto armato, la cui politica contrasti con l’articolo 11 della Costituzione, Paesi a cui sia stato dichiarato l’embargo totale o che siano responsabili di accertate violazioni dei diritti umani.

La norma alla nostra attenzione introduce il concetto di gravi violazioni, distinguendo in modo inaccettabile, e anche difficilmente controllabile, i livelli di gravità nelle violazioni dei diritti umani. Inoltre, l’accordo siglato da sei Paesi europei è esteso, oltre che a tutti i Paesi dell’Unione Europea, anche ai Paesi della NATO, contrastando in questo modo lo stesso senso dell’Accordo sottoposto alla nostra ratifica, che doveva appunto costituire il nucleo per una razionalizzazione ed una politica di sicurezza europea.

È quindi in contrasto con lo stesso Accordo quadro l’estensione a tutti i Paesi NATO degli stessi criteri di allentamento e di deregolamentazione nella produzione e industria degli armamenti e costituisce di per sé un tradimento del concetto europeo dell’Accordo che stiamo ratificando.

Va ricordato ancora che il Codice di condotta europeo, approvato nel 1998, è stato il primo passo importante verso l’approccio comune e responsabile sull’export di armi da parte degli Stati membri dell’Unione Europea. Sappiamo anche che il Codice di condotta ha al momento una forte debolezza attuativa, tanto che il 5 ottobre 2000 il Parlamento europeo ha chiesto di rendere più stringente e vincolante questo strumento di controllo comune. Ma il testo dell’Accordo in discussione va esattamente nella direzione opposta, deregolamentando, semplificando, allentando controlli, eliminando verifiche bancarie e specifiche autorizzazioni nella produzione ed esportazione di armamenti.

Ricordiamo e riproponiamo quindi la necessità che vengano stralciati da questo provvedimento di ratifica articoli estranei, gravi e sbagliati. Cioè ancora più indispensabile oggi che soffiano venti di guerra e che il terrorismo è una realtà concreta e drammaticamente pericolosa. Altrimenti, il nostro Paese si renderà complice di guerre e violenze, invece di lavorare concretamente per la pace e il rispetto dei diritti umani.

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