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Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Legge Gasparri dopo rinvio alle Camere

7 Aprile 2004

XIV legislatura

Seduta n. 582

Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione (2175-B/bis)

Intervento su questioni procedurali

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, colleghe e colleghi, il giudizio dei Verdi sulla proposta di limitazione avanzata dal senatore Grillo ai sensi dell’articolo 136, comma 2, del Regolamento, dopo il rinvio alle Camere del disegno di legge Gasparri-Mediaset da parte del Presidente della Repubblica con un messaggio al Parlamento molto preciso, è che essa è decisamente inaccettabile. Anzi, direi che tale proposta è doppiamente inaccettabile perché, da un lato, si opera un’esclusione assolutamente artificiosa di articoli inclusi nelle contestazioni contenute nel messaggio del Capo dello Stato – e lo si fa in modo davvero mirato e più tardi dimostrerò dove e come – e, dall’altro, si conferma, ove ve ne fosse stato bisogno, l’atteggiamento della maggioranza, che punta ad approvare un provvedimento che ritiene evidentemente essenziale per la propria coesione politica, per tutelare gli interessi personali del Capo del Governo e forse o sicuramente, più in generale, per continuare una corsa forsennata al controllo dell’informazione, elemento ormai essenziale nella nostra società in ogni campo, politico, civile, economico e nella formazione dell’opinione dei cittadini del nostro Paese.

In questo modo, cioè limitando la discussione, si elimina alla radice il confronto. Il fatto che ieri l’Assemblea abbia calendarizzato per il 22 aprile la discussione in Aula del disegno di legge significa, in concreto, che nemmeno la Commissione sarà chiamata a discutere su di esso.

Il relatore propone di limitare la discussione a pochi articoli, anzi in qualche caso ad alcuni commi, con l’unico criterio che sono gli stessi toccati dalla Camera, in questo modo rinunciando ad un ruolo autonomo della nostra Assemblea legislativa, un ruolo efficace e pensante: a questo sta rinunciando la maggioranza.

Davvero un pessimo precedente, che contiene alcune esclusioni clamorose di un testo che, sempre per ammissione (peraltro basta leggerne il titolo), parla di riassetto complessivo del sistema radiotelevisivo con alcuni elementi che reggono in una logica di insieme, fortemente concatenati tra loro. È questo il senso di un provvedimento che il ministro Gasparri si affanna a spiegare in ogni trasmissione, ma che invece non viene riconosciuto in quest’Aula, nella quale si sta proponendo di toccare alcuni commi e pochi articoli, senza vedere tale logica di insieme.

Ho parlato di alcune clamorose esclusioni – in taluni casi davvero clamorose – che credo forse pregiudicheranno successivamente la costituzionalità del provvedimento, in particolare a partire dall’articolo 15, comma 7.

Il relatore propone garbatamente di toccare solo i commi 1 e 6 dell’articolo 15, ma non il 7, che è quello che interessa proprio i limiti di affollamento pubblicitario, nonostante il Presidente della Repubblica abbia scritto con molta precisione e chiarezza che bisogna – cito testualmente – “evitare il pericolo che la televisione inaridisca le fonti di finanziamento della carta stampata”.

Il comma 7 dell’articolo 15 è il punto che interviene sui limiti dell’affollamento pubblicitario che invece si vuole nuovamente escludere dalla nostra discussione; evidentemente è un comma troppo caro a Mediaset che ha sempre superato i limiti di affollamento e che diverse sentenze hanno condannato. Resta allora più facile e più comodo modificare la legge innalzando tali limiti di affollamento anche se questo andrà a scapito della carta stampata, il cui mondo ha infatti duramente contestato proprio questo comma.

Tra gli articoli esclusi dalla limitazione proposta, voglio ricordare ancora l’articolo 12, sull’uso efficiente dello spettro delle frequenze, che è l’elemento essenziale di accesso per assicurare pluralismo, equità e trasparenza ai diversi operatori che vogliono misurarsi con il sistema radiotelevisivo; l’articolo 14, sulle posizioni dominanti; gli articoli 20 e 21, che riguardano la RAI e il suo futuro; l’articolo 23 nella sua interezza, che affronta la delicatissima questione del passaggio, che ci auguriamo sia positivo e rapido, dal sistema analogico a quello digitale.

Quindi, un insieme di norme che la maggioranza non vuole toccare per continuare la corsa alla deformazione del sistema informativo. Ieri sera, quasi per dovere, occupandomi di infrastrutture e trasporti, ho guardato la trasmissione “Porta a Porta”, di Vespa, in cui Berlusconi e Lunardi presentavano lo stato di attuazione del programma delle infrastrutture; una discussione fatta senza interlocutori, alla sola presenza di soggetti d’accordo con loro, senza punti di vista critici e senza la presenza delle opposizioni.

Il presidente Berlusconi ha detto alcune autentiche falsità; ne voglio citare una: “Avete visto che i cantieri della Livorno-Civitavecchia sono già aperti?” ha ricordato a Bruno Vespa; ad un certo punto ha confuso – mi rivolgo soprattutto ai lombardi – la pedemontana lombarda (che ha detto essere cosa fatta) con l’accesso al polo fieristico. Nessuno ha potuto contestare perché nessuno può capire nulla di quegli argomenti.

Ancora, sulle risorse ha zittito il ministro Lunardi (che non più di due giorni fa su un autorevole quotidiano del nostro Paese aveva lamentato che le risorse, i famosi 93.000 miliardi attivati, scritti nei famosi cartelloni sei per tre, per metà sono inesistenti) dicendogli che su quell’argomento avrebbe parlato lui: “State tranquilli, ci sono tutti”.

Ancora, Lunardi ha insultato l’opposizione parlando di una procedura di condanna della Commissione europea, sollecitata dall’opposizione – sicuramente da me in Europa – e che ha visto l’Italia condannata non più di una settimana fa. Ha detto testualmente che lui se ne frega e va avanti.

Ditemi voi cos’è la trasmissione “Porta a Porta” e se questo è un modo di fare informazione, di rispettare le regole e di dare spazio ai diversi punti di vista nell’interesse del pluralismo dell’informazione. Vi sarebbero tante altre perle da citare; mi sono limitata a quelle più clamorose. Ma proprio a questo serve la legge Gasparri: ad evitare il contraddittorio, il pluralismo senza opportunità nemmeno per le opposizioni di difendersi dalle accuse infamanti che anche ieri sera sono state loro rivolte.

Questo è il modello di sistema informativo che la maggioranza ha in mente; a questo serve la legge Gasparri, a mantenere questo sistema, a bloccarlo ulteriormente nel passaggio dall’analogico al digitale. La fretta di evitare la discussione in Commissione, il fissare il calendario dei lavori dell’Assemblea in tutta fretta o il votare la proposta di limitazione del relatore hanno soltanto questo scopo: approvare in fretta una legge che eviterà la crescita del pluralismo dell’informazione e alimenterà invece tutti i processi di deformazione che sono purtroppo presenti già oggi nel nostro sistema radiotelevisivo.

Per queste ragioni i Verdi voteranno contro la proposta avanzata dal relatore, presidente Grillo, ed invece voteranno a favore di tutte quelle proposte che allargano la possibilità per il Senato di discutere in autonomia, come esseri senzienti e pensanti, la legge Gasparri-Mediaset.

Seduta n. 590

Martedi 27 aprile 2004

Discussione generale.

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, parlerò per un tempo molto breve perché purtroppo, per l’ennesima volta, il contingentamento su questo provvedimento dà tempi molto ridotti. Le chiederò pertanto, alla fine del mio breve intervento, l’autorizzazione a consegnare agli atti il testo integrale.

Vorrei partire dal giudizio dei Verdi su questo provvedimento, che è estremamente negativo perché non aiuta la crescita del pluralismo e la libertà di espressione nel sistema di comunicazione del nostro Paese, già così fortemente deformato e squilibrato.

Questa realtà è confermata anche dal Parlamento europeo: la scorsa settimana, una maggioranza moderata ha approvato una risoluzione sulla libertà dei mezzi di comunicazione in Europa che mette sotto accusa in modo esplicito il potere mediatico del Presidente del Consiglio nel nostro Paese.

Il rapporto approvato dall’Europarlamento rileva l’anomalia della situazione italiana “dovuta a una combinazione unica di poteri economici, politici e mediatici nelle mani di un solo uomo”, anomalia destinata a peggiorare se sarà approvato il disegno di legge Gasparri al nostro esame, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, che la maggioranza si appresta ad approvare nuovamente senza sostanziali e credibili modifiche.

Questo disegno di legge continua ad essere sbagliato ed inadeguato, come rilevato dal Presidente; non modifica le attuali posizioni dominanti, anzi le rafforza fallendo così l’obiettivo fondamentale di aprire il mercato grazie al passaggio tecnologico dall’analogico al digitale; non fornisce strumenti di controllo e di intervento adeguati all’Autorità preposta a verificare l’effettivo arricchimento dei processi di trasmissione e delle modalità con cui si raggiungono, con questa nuova tecnologia, gli utenti del sistema radiotelevisivo. Infine, sottrae risorse e alimenta la crisi della carta stampata, contribuendo a ridurre il pluralismo e la libertà di espressione e violando così un passaggio fondamentale della nostra Costituzione perché informazione e comunicazione sono notoriamente gli ingredienti essenziali di un Paese democratico.

Seduta n.594

Giovedì 29 aprile 2004

Dichiarazione di voto.

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, il giudizio dei Verdi su questo provvedimento resta estremamente negativo, perché il disegno di legge Gasparri-Mediaset continua inesorabilmente ad andare in direzione contraria a quelle norme di “garanzia del pluralismo ed imparzialità dell’informazione”, invocate dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio al Parlamento, il 23 luglio 2002.

Stiamo discutendo nuovamente questo provvedimento, perché il 15 dicembre 2003 il Presidente della Repubblica lo ha rinviato alle Camere, invitandole a rivedere il testo in quanto contravveniva al principio fondamentale del rispetto del diritto al pluralismo dell’informazione e con la garanzia di un sistema pubblico in grado di assicurare realmente una informazione equa e non di parte.

Le sentenze della Corte costituzionale, le indicazioni dell’Autorità garante, il messaggio del Presidente della Repubblica hanno tutti in comune il richiamo ad un maggior rispetto, ancora assolutamente disatteso nel testo che il Senato si appresta a votare, del pluralismo dell’informazione nonché all’obbligo del legislatore (cioè noi) di contrastare la concentrazione nelle mani di pochi del sistema radiotelevisivo.

Ma Governo e maggioranza, anziché rivedere seriamente il disegno di legge oggetto dei rilievi del Presidente della Repubblica, si sono limitati soltanto ad apportare piccole operazioni di lifting al testo, lasciandolo sostanzialmente inalterato.

È un testo che i Verdi e le forze dell’opposizione unite hanno duramente contrastato sia in Commissione sia in quest’Aula del Senato, ma che non ha impedito a Governo e maggioranza, accecati dall’esigenza di tutelare gli interessi privati del Premier, di procedere comunque nel più evidente disprezzo dei rilievi avanzati dal Capo dello Stato.

La prima fondamentale obiezione riguarda il limite di concentrazione per un unico soggetto proprietario sul complessivo sistema integrato delle comunicazioni, una sorta di paniere allargato del sistema informativo che consentirà agli attuali operatori di espandersi ulteriormente. È stato stimato che Mediaset potrà crescere del 55 per cento e la RAI del 100 per cento. In pratica pochi operatori equivalgono a poco pluralismo nell’informazione, è semplice da comprendere.

In secondo luogo, il disegno di legge Gasparri-Mediaset, opportunamente integrato con il decreto salva-reti, autorizza l’ennesima proroga per consentire a Rete 4 di continuare a trasmettere in chiaro per un lungo periodo transitorio, nonostante una precisa sentenza della Corte, la n. 466 del 2002, abbia stabilito in modo indiscutibile che dal 1° gennaio 2004 dovevano essere liberate le frequenze.

Inoltre, il provvedimento consente a chi già possiede più di due reti nazionali di acquistare subito le radio e dal 2010 anche giornali e quotidiani: è questo un grave colpo al sistema pluralistico che ha sempre caratterizzato il sistema della carta stampata nel nostro Paese. Aumenterà ancora la concentrazione nelle mani di pochi proprietari dell’intero sistema di informazione, riducendo quindi di conseguenza la libertà di espressione e di opinione.

Altro elemento grave del testo riguarda l’affollamento pubblicitario, che permette di mandare in onda più telepromozioni negli orari di massimo ascolto televisivo. È una norma fatta solo per assicurare più pubblicità al sistema televisivo, riducendo ancora le opportunità di raccolta per giornali e radio, nonché per il sistema locale televisivo. Ma Governo e maggioranza, nonostante un preciso richiamo del Presidente della Repubblica su questo punto, non hanno voluto correggere la norma perché evidentemente di vitale importanza per Mediaset.

Infine, il provvedimento interviene sul riassetto della RAI con una privatizzazione sbagliata quanto inutile, senza porre alcun limite di detenzione del 51 per cento in mano pubblica, e lasciando questa scelta delicata in mano al Governo ed espropriando così anche il Parlamento.

Ma certo non è sfuggito ai cittadini che la privatizzazione consente di riaprire il balletto delle nomine nel Consiglio di amministrazione della RAI restituendo un ruolo molto forte ai partiti per le scelte sui futuri assetti e lottizzazioni dell’azienda pubblica. In questo testo per la RAI mancano un progetto strategico e risorse adeguate per garantirne il rilancio ed il ruolo essenziale di servizio pubblico, e le aggressioni davvero volgari e continue alla Presidente di garanzia, a cui va la nostra solidarietà, sono solo un assaggio dell’assalto che si prepara per la RAI.

Il risultato concreto di queste norme sarà una RAI sempre più debole ed asservita al potere politico, le reti Mediaset sempre più forti, nessun nuovo soggetto privato in grado di crescere, perché gli viene impedito per legge, con l’aggravante che le tre reti private sono di proprietà personale del Capo del Governo, confermando il nodo irrisolto del palese conflitto d’interessi del presidente del Consiglio Berlusconi e consolidando quella che, a livello europeo, si configura già come una vera e propria anomalia italiana.

Conferma quest’ultima arrivata anche dal Parlamento europeo che, la scorsa settimana, ha approvato a larga maggioranza un Rapporto sulla libertà dei mezzi di comunicazione in Europa, che mette sotto accusa in modo esplicito il potere mediatico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Il rapporto rileva l’anomalia della situazione italiana “dovuta ad una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo”.

Anomalia destinata a peggiorare, come abbiamo dimostrato tante volte, se verrà approvato questo disegno di legge Gasparri-Mediaset, ma contro cui non ci arrenderemo continuando la battaglia fuori da quest’Aula, sostenendo ricorsi e mobilitazioni per impedire la sua attuazione.

Proprio perché restiamo convinti che la libertà di espressione ed il pluralismo nell’informazione siano un ingrediente essenziale per un Paese democratico, come sancito dall’articolo 21 della Costituzione, annuncio a nome del Gruppo dei Verdi un convinto e deciso voto contrario su questo provvedimento.

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