XIV legislatura
Seduta n. 485
Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2004 e bilancio pluriennale per il triennio 2004-2006 (2513)
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004) (2512)
DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, interverrò in particolare su due aspetti della manovra finanziaria alla nostra attenzione: da un lato, la politica di annunci sulle infrastrutture, dall’altro, l’assenza di una politica per le nostre città e per la mobilità urbana che attanaglia ogni amministrazione d’Italia.
Riguardo al primo argomento, la questione è molto semplice: questo Governo ha attribuito sin dal suo insediamento, anche con numerosi ed errati interventi normativi come, ad esempio, la legge obiettivo, un’enorme importanza al rilancio delle grandi infrastrutture realizzate mediante la semplificazione ambientale ed escludendo gli enti locali dalle decisioni; 123 miliardi di euro stimati nel decennio per investimenti infrastrutturali da realizzare in fretta. Ma vi è un’enorme distanza fra questi annunci e queste invocazioni, che continuano anche in queste settimane ad essere riproposti all’attenzione dei cittadini, e quello che concretamente è contenuto in questa manovra finanziaria.
Ricordo che per il triennio 2002-2004 vengono confermati i 4,5 miliardi di euro che costituiscono il famoso fondo speciale per le opere strategiche già adottato con la legge n. 166 del 2002, al quale vengono aggiunti mutui per 5 miliardi di euro da attuare nel biennio 2005-2006. Sottolineo questo aspetto. Vale a dire che nella manovra finanziaria, in realtà, non c’è nulla per il 2004 e si consentirà di spendere queste risorse aggiuntive promesse a partire dagli anni 2005-2006, lasciando quindi che le gare procedano senza sapere con esattezza quali opere saranno effettivamente impegnate con le risorse disponibili, e comunque sempre a partire dal 2005.
Anche questa manovra, in sostanza, conferma una sorta di trucco contabile in ordine ai termini “impegnare” e “spendere” che hanno – come è noto – due significati completamente differenti. Quindi, se facciamo i conti in ordine agli annunci del ministro Lunardi, in questi cinque anni 2002-2006 avremmo già dovuto impegnare o avere a disposizione 50 miliardi di euro, calcolando che alcune quote di risorse possono venire dall’Unione Europea, dai privati e dalle concessioni autostradali, mentre l’ordine di grandezza complessivo è di 9,5 miliardi di euro.
Pertanto, esiste un’evidente sproporzione tra gli annunci e le promesse fatti in ogni parte d’Italia per nuove infrastrutture in particolare nel campo dei trasporti (strade e ferrovie) e l’inconsistenza delle risorse disponibili.
Anche in relazione al Documento di programmazione economico-finanziaria discusso nel mese di luglio in quest’Aula desidero ricordare, riguardo alla selezione delle opere, che esse sono diventate 91, invece delle famose 250 previste dalla delibera CIPE, pari a 31 miliardi di euro di spesa. È evidente, quindi, che anche questo secondo livello di selezione non sarà rispettato a differenza di quanto affermato nel DPEF.
Peraltro, uno stesso studio elaborato da Confindustria ha calcolato che per far partire le opere già approvate dal CIPE con le procedure della legge obiettivo non sono sufficienti queste risorse disponibili e che servirebbero almeno 8,3 miliardi di euro. Se calcolate che le infrastrutture in corso di decisione tra valutazione ambientale e CIPE sono circa un centinaio potete comprendere che si stanno promettendo cose che non si faranno mai.
Certo, va anche ricordato un secondo aspetto della questione, molto delicato, e cioè che il tentativo del Governo è assai più pericoloso perché esso sta sperimentando, nel campo dell’innovazione della spesa pubblica, qualcosa che fu già sperimentato negli anni ’70 e che ad un certo punto, nel 1976, costrinse l’intero sistema a fermarsi: far partire opere con la logica dei mutui e delle garanzie dello Stato che nell’immediato, anno per anno, costano poco, ma che nel momento in cui le opere fossero davvero tutte iniziate e i mutui e le garanzie effettivamente attivati, produrrebbero un generosissimo deficit aggiuntivo nel nostro bilancio dello Stato.
Ed è grave che anche questa manovra finanziaria confermi con ISPA, ANAS Spa, Concessionaria autostradale, il ponte sullo Stretto, Fintecna e ora anche con la Cassa depositi e prestiti trasformata in società per azioni, il tentativo di estrapolare dal bilancio dello Stato, quindi qualcosa che ha una sua immediata visibilità, soggetti importanti della nostra economia. Questo produrrà comunque i suoi effetti finanziari lasciando alle generazioni future e ai futuri bilanci dello Stato un enorme buco che non è nemmeno quantificato, nonostante l’obbligo di farlo.
Questo ragionamento conduce ad una conclusione: c’è una forte necessità di selezionare gli investimenti, pochi, utili, di cui effettivamente l’Italia ha bisogno. Abbiamo bisogno di metropolitane, di investimenti ferroviari, di ammodernare strade e superstrade, ma non potendo realizzare tutto ciò che è stato promesso si continua addirittura ad allungare l’elenco.
Ricordo, peraltro, che la stessa lista Van Miert che individua alcune priorità nelle opere infrastrutturali da realizzare immediatamente, e sulla quale, comunque, si è aperta una polemica pubblica, indica che in Europa, a fronte di grandi liste, grandi progetti e grandi spese, si sente la necessità di selezionare gli investimenti, cosa che invece, purtroppo, nel nostro Paese non accade perché il Governo Berlusconi persiste nel sostenere e promettere la realizzazione di opere che non possono essere nemmeno avviate.
In Europa, inoltre, si discute sull’utilità del cemento che di per sé non è occasione di grande sviluppo e occupazione. A tal proposito, è stato elaborato un piano alternativo franco-tedesco-inglese pubblicizzato con lo slogan “Investire nelle teste invece che nel cemento”. In esso si dedicano maggiori risorse nell’innovazione tecnologica, nella formazione e in tutti quei sistemi a bassa intensità di capitale ma che producono forte rinnovamento e competitività.
In Europa lo scontro si sviluppa anche su questo, cosa che purtroppo in Italia non avviene; è un approccio impossibile nel nostro Paese dove permane la vecchia cultura in base alla quale solo il cemento e solo le grandi infrastrutture producono risultati, competitività e occupazione. Ricordo, invece, che tutte le esperienze straniere, in particolare quella del Giappone, hanno dimostrato esattamente il contrario: le grandi infrastrutture determinano poca occupazione e lasciano sul campo pesanti debiti.
Da qui l’esigenza di selezionare le opere da realizzare, mentre questa manovra finanziaria dà proprio il via libera alla realizzazione della nuova autostrada Livorno-Civitavecchia, che di fatto pregiudica le scelte che devono ancora essere adottate in sede locale, di concerto con il Governo e con l’ANAS. Ogni sei mesi, ogni tre mesi, ogni settimana viene annunciato un accordo, sempre vicino, sul tracciato, accordo che al momento non esiste.
Non può trovare quindi il nostro consenso la decisione di dare il via libera ad una evidente ipotesi di tratto autostradale, indipendentemente dal tracciato, senza prendere in seria considerazione l’unica proposta concreta di ammodernare la strada statale Aurelia, già esistente, prevedendo anche un pedaggio a lunga distanza.
La scelta contenuta nella manovra finanziaria rappresenta un modo vecchio di ragionare; si potrebbe invece offrire ai cittadini che devono attraversare quei territori la stessa efficienza di servizio in termini di mobilità. Al contrario, si punta ancora a nuove e grandi infrastrutture nella logica di collegare l’Italia come se questa non fosse ormai un sistema a rete e non avesse bisogno di risolvere i problemi seri di mobilità locale.
Vorrei poi esaminare un ultimo aspetto che mi preme. Questa manovra finanziaria, mentre continua ad insistere, pur con scarse risorse e tante promesse, su infrastrutture lineari di lunga percorrenza, non destina finanziamenti, progetti, innovazione alla mobilità urbana.
Non solo quindi tagliamo le risorse a Regioni, Province e Comuni, ma non li mettiamo nemmeno nelle condizioni di risolvere un problema grave che attanaglia tutte le grandi e medie città italiane, quello della congestione urbana.
In questa manovra finanziaria vi sono tagli alla mobilità ciclistica, vi sono slittamenti delle risorse per il trasporto rapido di massa, non viene concessa nessuna risorsa alle città per innovazioni di servizi, per mobilità sostenibile o per autobus innovativi, per tutti quei sistemi di innovazione tecnologica di cui le nostre città, guardando soprattutto come esempio altre città europee, hanno enorme bisogno.
Voglio pertanto sottoporre nuovamente una proposta che la società ASTRA, che riunisce tutte le società di trasporto pubblico locale, ha formulato insieme all’ANCI e che peraltro, almeno in una fase della discussione, sembrava aver incontrato anche l’opinione favorevole di alcuni esponenti del Governo. La proposta è quella di istituire, con un incremento di tre centesimi sull’accisa della benzina, un fondo per il trasporto pubblico locale e la mobilità sostenibile.
Qual è il vantaggio di questa proposta? Intanto è un sistema direttamente commisurato a chi produce la congestione e quindi può anche scoraggiare la crescita del traffico motorizzato, perché essendo legato al consumo della benzina, viene pagato direttamente e proporzionalmente non alla proprietà dell’auto quanto al consumo effettivo di benzina.
In secondo luogo, questo sistema fornirebbe un gettito stabile, come ha valutato la società ASTRA, di 650 milioni di euro l’anno che consentirebbero quella continuità rispetto alla soluzione dei problemi dall’ammodernamento degli autobus, degli investimenti nel campo delle tramvie, dell’innovazione tecnologica delle reti di rilevamento e di telerilevamento nel campo della mobilità, nonché del sostegno al trasporto pubblico locale che invece sono attualmente lasciati alla contrattazione annuale all’interno di ogni manovra finanziaria con il doppio risultato di essere fortemente fluttuanti e quindi di mettere in discussione l’industria di chi produce e di non consentire alle città di fare piani credibili e di mantenere gli impegni che di volta in volta vengono assunti a livello comunale.
In questo senso voglio riproporre – e lo facciamo anche con appositi emendamenti che peraltro sono stati presentati anche dalla maggioranza – questa soluzione; se non è la più appropriata, se ne indichi comunque un’altra per dare una risposta alle città che in questo momento sono completamente abbandonate, che chiedono regole e sostegni, non grandi risorse, per poter incentivare la mobilità sostenibile e contenere la crescita del traffico motorizzato.
Ci auguriamo che ci sia ancora in questa sede e in quest’Aula uno spazio di discussione.
Seduta n. 488
MARTEDÌ 11 NOVEMBRE 2003
Discussione degli articoli
DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, intendo illustrare non solo l’emendamento 7.0.7, ma anche e soprattutto l’emendamento 7.0.202, entrambi relativi al trasporto pubblico locale.
Con questo emendamento che viene proposto su suggerimento delle aziende di trasporto pubblico locale e dall’ANCI, quindi degli enti locali che gestiscono il trasporto pubblico locale, si propone di istituire un fondo stabile per risolvere gli annosi problemi di investimento, di ripiano dei disavanzi, di nuove tecnologie, di nuovi autobus, che devono essere assicurati per ridurre il traffico motorizzato nelle nostre città sia medie che grandi, tutte assediate dal traffico.
Vorrei ricordare che tale proposta aveva incontrato in un primo tempo una certa disponibilità negli incontri tra associazioni dei trasporti e Governo sulla riforma del trasporto pubblico locale ed investimenti. Essa è basata su un contributo di 3 centesimi aggiuntivi dell’accisa sui carburanti, che costituirebbero un fondo equivalente a 650 milioni l’anno di risorse che sarebbero stabilmente destinate a questo scopo.
Il vantaggio di tale proposta è che di anno in anno, su un tema così delicato, sul quale c‘è molto da investire e da fare, si assicurerebbe un flusso continuo di risorse per tutte le città italiane alle prese con questi problemi. Ovviamente il fondo dovrebbe essere ripartito sulla base di regolamenti del Ministro dei trasporti e delle infrastrutture ed essere destinato, appunto, alle nostre aziende di trasporto pubblico locale, a risolvere i problemi di mobilità per il trasporto rapido di massa, a sostenere l’uso della bicicletta, al rinnovo del parco autobus, ai sistemi di regolazione intelligente della mobilità ed al controllo dell’inquinamento nelle nostre città.
Altro pregio di questa proposta è che graverebbe direttamente su chi utilizza l’automobile e quindi, sulla base del consumo della benzina, assicurerebbe alle città un flusso stabile di risorse che, per quanto limitate – si pensi al fatto che riguarda tutte le città medie italiane – consentirebbe alle nostre amministrazioni locali di programmare ed attuare tutti quei provvedimenti che per il numero elevato di cittadini e la crescita del volume di traffico si attendono da molti anni. Purtroppo, in questo campo gli annunci sono la regola, mentre l’attuazione è sempre molto complessa per qualsiasi amministrazione, di destra o di sinistra.
Inoltre, questa proposta avrebbe anche un altro pregio, quello di definire nel tempo con una certa chiarezza le risorse effettivamente disponibili per questo settore. Pensiamo soltanto alle fluttuazioni che gli investimenti hanno subìto nell’ambito del parco autobus. Cerchiamo anche di capire cosa questo comporti anche per le imprese che producono autobus e che, quindi, non sono messe in condizioni di pianificare le proprie attività industriali.
Si tratta, quindi, non soltanto di fare un’operazione di sostegno alle città ma anche di consentire al sistema produttivo di pianificare con serietà la propria attività industriale.
Chiedo, pertanto, al Governo e al relatore di prestare maggiore attenzione a questo argomento. Faccio presente che anche esponenti della maggioranza, come il senatore Cicolani, hanno presentato emendamenti che vanno nella stessa direzione.
Mi auguro che sul tema possa aprirsi un confronto in grado di farci pervenire a qualche risultato, risolvendo un problema molto serio, mai affrontato o affrontato in modo talmente discontinuo da non consentire di ottenere vantaggi né per le città né per i cittadini.
Auspico che il Governo ed il relatore siano disponibili a prendere in considerazione questa proposta che – ripeto – è avanzata dai Verdi, che hanno recepito il suggerimento dell’associazione Astra e dell’ANCI, quindi, di tutte le aziende e le città che ogni giorno devono affrontare problemi di congestione del traffico e che devono fornire risposte concrete non tanto a noi quanto ai cittadini.
DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, vorrei demolire gli argomenti utilizzati dal Sottosegretario. Incrementare l’accisa sulla benzina allo scopo di aiutare le nostre città ad offrire un servizio ai cittadini non è un lusso che non ci possiamo permettere.
L’Unione Europea ha calcolato che il 4 per cento del PIL di ogni Paese è destinato al disinquinamento, alle malattie, a tamponare tutte le emergenze, i famosi costi esterni nei trasporti, che chi utilizza l’automobile ogni giorno produce su tutta la collettività.
Dovremmo, in realtà, sostenere chi ogni giorno usa l’autobus, il treno, la bicicletta o va a piedi, perché fa risparmiare un sacco di risorse. L’Unione Europea, in una stima dei costi esterni nei trasporti, ha stabilito che è il 4 per cento del PIL la spesa che, tra incidentalità, inquinamento e malattie indotte dal traffico motorizzato, la collettività paga per mantenere questo distorto sistema.
Possiamo discutere e ragionare se l’incremento, per il primo anno, sia eccessivo, ma dire che non ha una logica coerenza il fatto di far pagare all’abuso dell’automobile i costi che induce su tutta la collettività, quando è invece uno degli argomenti su cui l’Unione Europea batte al fine di spingere a riequilibrare il sistema della mobilità, mi sembra falso.
Come mai, se questa logica avesse un suo senso, riuscite a trovare risorse per sostenere il prezzo del gasolio per autotrasporto, con un sistema di incentivi inserito nel decretone, per mantenere la competitività del trasporto stradale delle merci a fronte del trasporto via mare e del trasporto su ferrovia e non si trovano invece risorse per il trasporto pubblico locale?
Allora, tutte le dichiarazioni del Governo, che dice di voler riequilibrare il nostro sistema dei trasporti, sono completamente false, perché, alla prova dei fatti, per il trasporto pubblico locale non ci sono, neanche con questo rapporto coerente tra domanda e offerta, risorse per gli investimenti, mentre per le mancate entrate, dovute agli aiuti ai pedaggi autostradali e alle agevolazioni sul prezzo del gasolio per gli autotrasportatori, si trovano, stimolando il traffico a restare sulla strada invece di spostarsi, come sta cercando disperatamente di fare, sul cabotaggio e su rotaia.
Quindi, non c’è coerenza da parte del Governo quando interviene sulle accise se in un caso non possono andare bene per sostenere il trasporto locale e in un altro, come forma di agevolazione all’autotrasporto, vanno perfettamente bene.
Non mi soffermo sugli altri argomenti utilizzati: qui non si toccano le giuste regole per cui le nostre aziende di trasporto locale devono rispettare dei piani di risanamento, raggiungere il 35 per cento del rapporto tra ricavi e tariffe. Tutta la questione dei servizi pubblici locali, affrontata anche nel maxidecreto, riguarda la liberalizzazione e, in generale, il sistema di governo delle regole del settore; questo provvedimento non tocca minimamente quegli obiettivi.
Vorrei fare un’ultima domanda al Governo e al relatore. Secondo voi, questa proposta non funziona: è incoerente, è in contrasto, non la accogliete. Ma alle città, ai cittadini, alle aziende di trasporto pubblico locale, che avete ripetutamente incontrato e a cui avete assicurato risorse per poter investire per evitare di raddoppiare i prezzi dei biglietti degli autobus, oppure per investimenti per il rinnovo del parco autobus, dinanzi a tutti i problemi che attanagliano tutte le amministrazioni, di destra e di sinistra, delle grandi e medie città italiane, cosa rispondete? La vostra risposta è il silenzio più totale. Si boccia una proposta (lo farete), ma non avete nessuna soluzione credibile o praticabile, in questa finanziaria o nel maxidecreto, per questi problemi.
Questa era una modesta proposta, che aveva una sua logica, che aveva e ha una sua sostenibilità. Vi siete spesi in dichiarazioni pubbliche in vari incontri, a fronte di minacce di scioperi delle aziende di trasporto pubblico locale, ma nelle Aule, nei documenti e nei provvedimenti di tutti gli annunci che fate non resta traccia.
Per questo ci permettiamo di insistere, chiedendo all’Aula un voto positivo su questo emendamento.