XIV legislatura
Seduta n. 777
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, recante interventi urgenti per la tutela dell’ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica (3356)
Discussione generale
DONATI (Verdi-L’Unione) Signor Presidente, colleghe e colleghi, onorevole relatore, onorevole rappresentante del Governo, quello al nostro esame è un provvedimento annunciato per affrontare una emergenza che, in realtà, non costituisce una novità, ma che è il prodotto ed il risultato della sottovalutazione continua della crescita della mobilità urbana, cui non sono state date negli ultimi anni risposte e sostegni convincenti per alimentare un processo virtuoso di riequilibrio modale di efficienza complessiva del sistema.
In realtà, quindi, non si tratta di una vera emergenza, ma semplicemente del risultato di politiche che non hanno destinato ogni risorsa ed ogni energia alle grandi infrastrutture lineari ed hanno dedicato scarse risorse ed incentivi, o comportamenti virtuosi, ai nodi metropolitani, laddove si concentra una domanda crescente di traffico privato.
È facile elencare tutto ciò che ha prodotto il decreto-legge alla nostra attenzione: innanzitutto, non solo la significativa crescita della mobilità privata (tre volte il PIL del nostro Paese), ma anche nuove direttive dell’Unione Europea sulla qualità dell’aria che – lo ricordo – non soltanto hanno introdotto nuovi limiti e misurazioni a partire dal 2005 nel meccanismo di calcolo, ma proseguiranno la loro corsa negli anni a venire.
Vorrei ricordare che, al 2010, ad esempio, i giorni ammessi relativamente al superamento della soglia del PM10 (le polveri sottili), che sono oggi trentacinque (tutte le principali città italiane, capoluoghi di Regioni, come pure molti centri intermedi hanno già superato questi valori) saranno sette. Non bisogna dunque adagiarsi su misure temporanee, perché la tendenza è ad incrementare la mobilità privata, mentre le nuove direttive impongono limiti – e lo fanno correttamente – sempre più restrittivi alle emissioni in atmosfera.
Vorrei, inoltre, ricordare il Protocollo di Kyoto, accolto, assunto ed entrato pienamente in vigore dal 16 febbraio 2005, che prevede che al 2012 la mobilità e in generale le emissioni di CO2 passino dal 6 all’8 per cento in meno in Italia. Il traffico, la mobilità in generale, pesano per il 26 per cento su queste emissioni climalteranti e dati ufficiali dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente – qualcuno ha anche insinuato che il traffico spesso vi entra ben poco – stimano che, mediamente, nelle città si va da un 50 ad un 70 per cento attribuito alle emissioni dovute al traffico veicolare.
È quindi un peso assolutamente rilevante, ovviamente da considerare insieme ad altri fattori, quali ad esempio, in alcune zone, le caldaie e in altre le emissioni di produzioni industriali e ad uso civile. Ovviamente, bisogna agire su tutti questi fattori, ma non si può negare che il traffico crescente costituisce in assoluto un peso rilevante su questi fattori.
È vero che è stato chiesto un processo di adeguamento e di efficienza dell’offerta. Vorrei ricordare la grande frenata ai processi di liberalizzazione in un settore che invece era e resta indispensabile per aumentare l’offerta, senza incrementare i costi. L’ASTRA, associazione che riunisce tutte le aziende di trasporto pubblico locale, audita dalla nostra Commissione, ha dimostrato come dal 1998 non vi sia un adeguamento significativo sia dei contributi che dell’adeguamento all’inflazione sopravvenuta. Quindi, si può parlare, a parità di risorse e di incremento dell’offerta, comunque richiesta all’Azienda di trasporto pubblico locale, di circa il 25- 30 per cento di tagli veri per queste aziende.
Vorrei richiamare, inoltre, il mancato finanziamento della legge n. 211 del 1992 sulle infrastrutture urbane e il trasporto rapido di massa e il mancato finanziamento della legge sulla mobilità ciclistica e delle norme per l’innovazione di servizio.
Non dimentichiamo che, tra il grande mezzo di trasporto collettivo e l’auto privata, in tutta Europa si stanno sperimentando innovazioni di prodotto e di servizio che puntano su una fascia intermedia a domanda, a chiamata: il car sharing, il car pooling, che utilizzano tecnologie telematiche e informatiche e rendono possibili servizi flessibili che sappiano cogliere quella domanda intermedia che non sia soltanto il grande autobus o il veicolo privato.
Ci preoccupano però ancora di più, rispetto alla drammatica e – direi – storica arretratezza del nostro Paese su questi temi (basti calcolare che tutte le infrastrutture italiane di reti tranviarie e metropolitane sommate sono inferiori alla rete di trasporto che ha, ad esempio, da sola la città di Berlino, per capire quanto lavoro c’è da fare nel nostro Paese per offrire ai cittadini un servizio di qualità per muoversi in città), i continui annunci del ministro Matteoli e l’assenza totale e gravissima del ministro delle infrastrutture Lunardi, che hanno eliminato le domeniche ecologiche dietro la motivazione, anche comprensibile, che non si trattava di soluzioni, bensì soltanto di domeniche simboliche, peraltro molto importanti sul piano anche culturale, della sperimentazione e del coinvolgere i cittadini in un processo di riduzione dell’abuso dell’uso dell’automobile che non li può che vedere attori veri e non soltanto attori passivi che devono semplicemente rispettare delle regole e usare l’auto a giorni alterni a seconda delle targhe.
Ebbene, il Ministro, appena arrivato al Ministero, ha eliminato le domeniche ecologiche affermando che non erano interventi strutturali e che avrebbe adottato provvedimenti strutturali, perché quegli stessi interessi rientravano nel campo del simbolico.
Quei provvedimenti strutturali, però, nessuno li ha visti; anzi – come ho dimostrato con l’elenco precedente – una serie di misure e di provvedimenti si è fermata come la stagione dei piani urbani del traffico, che aveva portato una forte innovazione nelle nostre Amministrazioni, sia di destra che di sinistra; infatti, i problemi di Roma sono simili a quelli di Milano, le soluzioni spesso lo sono altrettanto e gli assessori, al di là dell’appartenenza e del colore politico, hanno tra loro un dialogo molto più forte e opinioni in realtà molto più simili delle divisioni che attraversano quest’Aula legislativa.
Siamo arrivati, così, al 2005 con l’entrata in funzione dei nuovi limiti per la qualità dell’aria, lasciando le nostre città completamente abbandonate e impreparate a fronteggiare questa annunciata emergenza. Come abbiamo visto nei mesi di febbraio e marzo, è stato oltrepassato più volte il limite di trentacinque giorni di superamento del PM10; ecco, quindi, il provvedimento tampone per cercare di arginare questa complessa situazione.
Un primo aspetto del decreto (circa il quale entro ora nel merito e nel giudizio) che vorrei sottolineare è che i Sindaci, riuniti nell’ANCI, hanno giudicato decisamente insufficiente questo provvedimento e sono tuttora in attesa di essere riconvocati dal Governo e, in particolare, dal ministro Matteoli, per ottenere una serie di misure e di regole molto più estese e molto più efficaci.
Allo stesso modo – lo cito soltanto come segnalazione – questo decreto non aggredisce un tema fondamentale posto, innanzitutto, dall’associazione Federmobilità, che riunisce le Regioni e Città di qualsiasi colore politico. Lo Stato, il Governo, stanno spendendo ingenti risorse pubbliche per costruire nuove linee ferroviarie ad alta velocità; tutto ciò include anche investimenti per i nodi ferroviari metropolitani, sempre insufficienti ma comunque rilevanti e libererà, a partire dal 2006, con il primo tratto Roma-Napoli, e comunque, a scalare, dal 2008 e dal 2010, ingenti quote di linee ferroviarie da destinare al trasporto locale.
Quella che al riguardo ci preoccupa (poiché avrebbe dovuto essere inclusa nel provvedimento) è la mancata previsione di un serio piano di potenziamento e di acquisto del materiale rotabile; ci troveremo, pertanto, nella drammatica condizione di avere linee libere e di non avere treni per aumentare il servizio ai cittadini, mentre spesso nelle aree metropolitane, per il modo in cui ormai si configura su vasta scala la domanda di mobilità, solo il trasporto ferroviario metropolitano può costituire un’autentica alternativa. Di tutto questo nel decreto non vi è traccia.
Il provvedimento destina 140 milioni di euro, a partire dal 2006, ad un Fondo, da ripartire, per le esigenze di tutela ambientale. Prima osservazione polemica: perché si fa un decreto-legge nel 2005 per spendere le risorse dal 2006? Sarebbe stato logico, corretto che il provvedimento di spesa, vista l’emergenza antismog e l’uso dello strumento del decreto-legge, partisse dal 2005.
Una seconda osservazione la faccio perché conosco la discussione sull’incremento delle accise su benzine e gasolio. Posso condividere che si tratta di uno strumento già utilizzato ampiamente, un classico quando bisogna reperire risorse; però, oltre ad essere uno strumento antismog, esso ha anche una sua equità, perché commisura l’uso del carburante all’incasso per provvedimenti di riequilibrio modale, per l’offerta di sistemi alternativi.
Certo, questo non dovrebbe essere l’unico provvedimento. Dovremmo svolgere un dibattito molto più serio, come quello svolto nella città di Londra, sul pedaggiamento della sosta o dell’accesso ai centri storici; però, si tratta di provvedimenti talmente complessi, nonché impopolari, che tutte le coalizioni discutono animatamente, al proprio interno e tra di loro, senza arrivare ad alcun risultato.
La città di Milano aveva pensato, se ricordate, con il sindaco Albertini, ad una misura di pedaggiamento nell’area di Milano; però, quando abbiamo ascoltato l’assessore Goggi in Commissione, egli ci ha detto che hanno fatto studi, simulazioni, ipotesi e hanno rinunciato (almeno così ci è stata motivata la rinuncia, ma non ho motivo di dubitarne, anche per le capacità dell’assessore che la esponeva e la sua storia) per la difficoltà di introdurre provvedimenti molto complessi che abbisognano di un dibattito non polemico, non iperpolitico, non iperelettoralistico, ma che deve affrontare alla radice il tema dell’uso del suolo pubblico, della tariffazione dell’accesso, un tema molto complesso che non può essere usato pro o contro questa o quella amministrazione. Si tratta di un dialogo tra centro-destra e centro-sinistra che mi auguro si apra comunque in futuro e dia qualche risultato.
Tornando alla misura, inclusa nel decreto, dell’incremento delle accise su benzine e gasolio, pur essendo uno strumento usuale e imperfetto, forse anche rozzo, nella sua non selezione dei traffici, però ha almeno il pregio di correlare l’uso o l’abuso del carburante a un fondo da destinare al miglioramento dell’offerta e al risanamento della qualità dell’aria nelle nostre città.
Vorrei inoltre ricordare un aspetto legato, invece, a un’altra norma prevista da questo decreto: mi riferisco ai 260 milioni di euro per il rinnovo del contratto dei lavoratori del trasporto pubblico locale, ricordando che però ben 60 milioni di euro sono tagliati da precedenti provvedimenti destinati ad enti locali. Non si tratta quindi, in realtà, di nuove risorse, ma di un ennesimo taglio a risorse destinate alle amministrazioni locali.
Vi sono altri due aspetti che non convincono nel provvedimento. Il primo è che esso si potrebbe tradurre in una distribuzione a pioggia di cui non si misurano poi l’efficacia e la strategia, eventualmente anche le correzioni; non si innesta su meccanismi virtuosi di incremento dell’offerta, di processi di liberalizzazione, di strumenti capaci di misurare il riequilibrio modale.
In questo senso, secondo me, queste misure dovevano essere connesse non solo ai piani urbani del traffico, ma anche ai piani urbani della mobilità di area vasta, rispetto ai quali siamo ancora in attesa del regolamento da parte del Governo Berlusconi, che fornirebbe ai sindaci gli strumenti per aggredire la mobilità laddove si produce, cioè non più il singolo comune, ma intere aree con fenomeni di carattere metropolitano.
Il secondo aspetto è che non viene coinvolto il Ministro delle infrastrutture nella Conferenza Stato-Regioni. Voglio sottolineare e censurare il fatto che sia stato soltanto il ministro Matteoli, in quanto ministro dell’ambiente, ad occuparsi di tale tema: è un grande vulnus nei processi di assunzione di responsabilità di questo Governo. La mobilità urbana nel nostro Paese pesa per circa il 60 per cento ed è quella che cresce di più. Non possiamo avere un Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che non si occupa della mobilità urbana e che non è chiamato neanche a fare responsabilmente la propria parte dicendo quali sono le soluzioni credibili.
Fra l’altro, questo forse avrebbe riorientato una parte di quelle grandi infrastrutture strategiche di cui si parla: invece di dedicarsi a progetti sbagliati e sostanzialmente inutili come il ponte sullo Stretto di Messina, meglio sarebbe destinare tali risorse ad investimenti per reti tranviarie e metropolitane, che le nostre città hanno urgenza di realizzare.
Voglio poi sottolineare un aspetto fortemente critico che riguarda il comma 10 dell’articolo 1. Si aumenta l’accisa su benzina e gasolio, ma poi la si restituisce all’autotrasporto. Conosco l’obiezione, che è stata mossa tante volte anche in quest’Aula: l’incremento delle accise produrrebbe effetti macroinflattivi sicuramente pesanti in tempi in cui, fra l’altro, il costo del barile di petrolio è decisamente elevato, e un settore già provato da costi e da inefficienze non può reggere anche questo incremento.
Io non sono d’accordo, e non tanto nel far sì che l’autotrasporto possa beneficiare di qualche vantaggio in più. Il punto è che dovremmo fare con gli operatori del settore un ragionamento più strategico, di prospettiva – anch’esso, mi rendo conto, difficilissimo – puntando a chiedere mutamenti sostanziali in termini di efficienza, di logistica o magari di adeguamento dei veicoli in ordine ai consumi energetici.
Parlando di mobilità urbana, voglio altresì ricordare che il trasporto delle merci in ambito cittadino pesa (là dove sono stati fatti studi: ad esempio, in città come Parma e Vicenza) almeno per il 20 per cento. Si tratta spesso di veicoli vecchi – altro che Euro 3 o Euro 2! – rispetto ai quali il rapporto tra tonnellate di merci distribuite, chilometri percorsi ed emissioni in atmosfera è elevatissimo proprio perché i mezzi sono, appunto, vecchi, non c’è un sistema efficiente di distribuzione e, viceversa, c’è una congestione fortissima.
In proposito – come peraltro è già previsto dai piani urbani del traffico – è aperto un dialogo molto forte con gli autotrasportatori, i primi, peraltro, a lavorare in difficoltà all’interno delle nostre città, ma anche con il settore del commercio, che è la naturale controparte del processo distributivo.
Invece di restituire alla cieca per sostenere un settore che va sostenuto, solo per cambiare, noi proponiamo provvedimenti per la riduzione del traffico merci in ambito urbano. Coi nostri emendamenti puntiamo ad ampliare il fondo, a defiscalizzare le spese sostenute per l’abbonamento ai servizi di trasporto pubblico locale, ad istituire il “ticket trasporto” per agevolare la mobilità sostenibile dei dipendenti e delle imprese, a sostenere (come ha già ricordato il collega Pedrazzini) l’utilizzo dei veicoli a GPL e a metano, a prevedere incentivi non restituiti alla cieca all’autotrasporto, ma destinati alla riorganizzazione del trasporto merci in ambito urbano, che devono vedere come attori protagonisti gli stessi autotrasportatori.
Si tratta di proposte concrete, misurabili e praticabili, che ci auguriamo abbiano ancora una possibilità di accoglimento all’interno di quest’Aula.
Seduta n. 779
Mercoledi 13 aprile 2005
Dichiarazione di voto
DONATI (Verdi-U)
Il voto contrario del Gruppo è motivato dall’insufficienza delle risorse stanziate per fronteggiare l’emergenza ambientale nelle città, peraltro spendibili solo a partire dal 2006 in contraddizione con la decretazione d’urgenza, nonché dalla mancanza di un piano strategico di interventi. Gli investimenti saranno infatti effettuati prescindendo dai piani urbani del traffico, senza il coinvolgimento del Ministero dei trasporti e delle infrastrutture e senza che i sindaci siano stati dotati dei necessari strumenti di governo di area vasta, indispensabili per garantire l’efficienza di interventi che spesso ricadono in una cintura urbana esterna ai confini della città. Altro motivo di contrarietà è la restituzione dell’accisa al settore dell’autotrasporto senza il necessario ammodernamento del traffico merci nelle città.