XV legislatura
Mozione
Atto n. 1-00059
Pubblicato il 31 gennaio 2007
Seduta n. 98
FERRANTE , LUSI , BOBBA , SODANO , RUSSO SPENA , RANDAZZO , MONGIELLO , PIGLIONICA , RIPAMONTI , SILVESTRI , DE PETRIS , DONATI , BELLINI , RONCHI , BARBATO
Il Senato,
premesso che:
a distanza di oltre 20 anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl dell’aprile 1986, che ha causato danni gravissimi dal punto di vista sia ambientale sia sanitario e sociale, numerose associazioni continuano ad organizzare progetti di accoglienza dei bambini che vivono nelle zone contaminate dai radionuclidi;
tali iniziative hanno assunto in questi anni dimensioni davvero notevoli – in Italia ancor più che nel resto d’Europa – spesso, però, non sono controllate e richiedono non solo serie considerazioni, ma anche interventi per garantire maggiore tutela ai bambini ospitati, affinché non debbano subire ulteriori ingiustizie oltre a quelle già subite dal punto di vista ambientale e/o sociale;
pur riconoscendone l’alto valore solidaristico, soggettivamente motivato, che porta centinaia di associazioni e migliaia di famiglie ad impegnarsi in un campo così delicato e degno di attenzione come è quello dell’infanzia, occorre porre l’attenzione sulle ricadute per quanto riguarda le modalità e le finalità con cui questi progetti di accoglienza vengono realizzati;
spesso il soggiorno ripetuto nella stessa famiglia, seguito dal rientro di questi bambini in situazioni materialmente povere e limitate dal punto di vista dei rapporti interpersonali – in particolare per quanto riguarda i bambini provenienti da istituti – può rivelarsi un percorso negativo, pur se condotto con le migliori intenzioni di fondo. Spesso le famiglie che costruiscono legami affettivi con i bambini ospitati, non sono adeguatamente preparate a gestire un processo di questo genere e, talvolta, non sono soggette ad alcun tipo di controllo;
dalla lettura del dossier “Legambiente Solidarietà: le nuove sfide del Progetto Chernobyl”, presentato dalla associazione ambientalista il 16 gennaio 2007, emerge che sono 298.000 i bambini residenti in zone contaminate della Bielorussia che avrebbero diritto a progetti di risanamento sul territorio nazionale o all’estero, per uno o due mesi all’anno, a seconda del livello di contaminazione del luogo di residenza. Nell’anno 2005, solo il 18,79% di questi bambini hanno beneficiato di un soggiorno all’estero; calcolando, fra l’altro, che in questa percentuale sono quantificate le uscite/ingressi, che comprendono un numero consistente di bambini che hanno beneficiato di più soggiorni nell’arco dello stesso anno e che si ripetono negli anni successivi;
risulta, dunque, evidente quanto sia elevato il numero di bambini che rimane escluso da qualsiasi opportunità di programma di risanamento. A tutto ciò si aggiunge una politica che mira a “ridurre” le zone contaminate, attraverso una mera riclassificazione burocratica delle aree, escludendo così intere fasce di popolazione dal diritto di beneficiare di sussidi e sostegni, tra cui i programmi di risanamento e assistenza sanitaria rivolti ai bambini e alle bambine residenti;
solo in Bielorussia, oltre il 90% dei pensionati vive sotto il livello di povertà; come anche in Ucraina, dove molte famiglie sfollate vivono in miseria e senza prospettive. L’area contaminata dal disastro – fra Russia, Bielorussia e Ucraina – ha una dimensione pari al doppio dell’Irlanda;
il Paese che ha avuto le conseguenze maggiori è la Bielorussia, dove si è avuto il 70% della caduta radioattiva, che ha provocato la contaminazione del 23% di tutto il territorio nazionale, fra cui una vasta area agricola e boschiva. In quella che è stata definita “la zona morta”, un’area compresa in un raggio di 30 chilometri dalla centrale, sono state evacuate in via definitiva oltre 400.000 persone, alcune delle quali – non avendo altre possibilità – stanno lentamente tornando a ripopolare i villaggi abbandonati. In Bielorussia, anche a causa del disastro di Chernobyl e della conseguente povertà che si è abbattuta su gran parte della società, molte famiglie si stanno disgregando: i giovani che cercano fortuna all’estero e i più anziani che non trovano altra via d’uscita se non attraverso l’alcol e a tutto questo si aggiunge l’esplodere dell’Aids che in certe realtà si sta diffondendo pericolosamente;
la stima riguardo alle sostanze radioattive disperse nell’ambiente al momento dell’esplosione e del successivo incendio è di oltre la metà dello iodio e del cesio presenti nel nocciolo, più altri radionuclidi e gas radioattivi pari a una attività di 11 EBq, ovvero un miliardo di miliardi di Bequerel. Il fall-out ha interessato il 5% dell’Ucraina, solo marginalmente la Russia (lo 0,6%). In oltre 46.000 chilometri quadrati si registrarono valori di oltre 37 kBq/mq per la presenza di cesio 137: un’area, questa, che comprende 27 città in cui vivevano oltre due milioni di persone, in pratica più di un quinto dell’intera popolazione. Più localizzata risultò la contaminazione da stronzio 90, in circa il 10% del territorio, con livelli massimi di 1.800 kBq/mq nel distretto di Khoyniki, nella regione di Gomel (Bielorussia), in un perimetro di 30 chilometri intorno alla centrale. Sempre nella regione di Gomel, nei distretti di Bragin, Narovlya, Khoyniki, Rechitsa, Dobrush e Loev, che rappresentano circa il 2% della Bielorussia, si rilevarono le maggiori contaminazioni da plutonio 238, 239 e 240. Anche in questo caso il distretto di Khoyniki è quello che ha fatto registrare i valori più alti con più di 111 Bq/mq. La zona dei 30 chilometri di raggio attorno alla centrale è quella da cui la popolazione è stata evacuata nel 1986 per gli elevati livelli di contaminazione: in quest’area lo stronzio 90 raggiungeva valori superiori a 3 Ci/kmq e il plutonio, con i vari isotopi, superiori a 0,1 Ci/kmq. A 20 anni di distanza da quell’incidente la situazione rimane pressoché immutata,
impegna il Governo:
ad adoperarsi al fine di diversificare, modificare, rivedere e migliorare sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi le iniziative di ospitalità, di affidamento dei bambini provenienti da quei Paesi;
ad adoperarsi presso la Commissione europea affinché vengano attivati e rafforzati progetti ed interventi in favore delle popolazioni contaminate, sia direttamente sul territorio di residenza dei bambini che in generale nel Paese nel suo complesso, in particolare favorendo progetti di risanamento presso centri in zone non contaminate. A potenziare gli interventi sanitari di prevenzione e diagnosi precoce, accompagnati da campagne di informazione e di educazione ambientale, alimentare e sanitaria per minimizzare o ridurre i rischi legati all’esposizione diretta o indiretta a isotopi radioattivi;
ad avviare un lavoro scientifico articolato, sia dal punto di vista sanitario che ambientale e di ricerca in collaborazione con enti, associazioni e ONG ambientaliste italiane, europee e di Paesi colpiti duramente dal fall-out radioattivo;
a chiedere un forte impegno della Comunità Internazionale ed, in particolare, della Commissione Europea a proseguire con le verifiche, anche attraverso monitoraggi ambientali e quant’altro sia necessario per inquadrare e definire correttamente le attuali conseguenze e le reali necessità di intervento, in modo da garantire alle popolazioni residenti adeguate e corrette informazioni e strumenti di intervento efficaci;
a favorire, quindi, programmi sanitari strettamente correlati alle conseguenze del fall-out radioattivo, privilegiando interventi di prevenzione e screening che permettano la raccolta di dati scientifici utili a misurare l’efficacia dell’intervento e lo stato attuale, conseguente alla contaminazione radioattiva;
a regolamentare i programmi di accoglienza in Italia che richiedono tutele, in primo luogo, di natura pedagogica, e garanzie forti e precise in favore dei bambini accolti; a garantire, inoltre, attraverso il Comitato Minori presso il Ministero per la Solidarietà Sociale l’affidabilità delle associazioni che realizzano l’ospitalità, nonché la formazione delle famiglie e la congruità del progetto specifico organizzato;
ad assicurare una maggiore qualità dei progetti e una più efficace tutela dei diritti dei minori accolti, garantendo che vengano ospitati con priorità i bambini che non abbiano mai usufruito di un progetto di risanamento all’estero;
a continuare, nell’ambito delle relazioni internazionali, il lavoro di stimolo nei confronti della comunità internazionale, per ottenere garanzie sulla messa in sicurezza del reattore di Chernobyl esploso vent’anni fa e sull’avvio di interventi tesi alla salvaguardia della salute delle popolazioni esposte alle radiazioni emesse in seguito a quella catastrofe;
ad attivarsi nei confronti della Commissione Europea – che rappresenta, fra l’altro, il più grande donatore internazionale per la costruzione del nuovo contenitore di contenimento – per chiedere lo stato di avanzamento dei lavori per la messa in sicurezza dell’attuale sarcofago che racchiude il reattore esploso nel 1986, il quale presenta oggi rischi di un collassamento.