XV legislatura
Interpellanza
Atto n. 2-00066 (procedura abbreviata)
Pubblicato il 10 ottobre 2006
Seduta n. 49
MARTONE , MELE , PALERMI , DEL ROIO , BRUTTI Paolo , TECCE , MALABARBA , DI SIENA , DE PETRIS , IOVENE , CONFALONIERI , GIANNINI , ROSSI Fernando , BULGARELLI , COSSUTTA , GALARDI , ZUCCHERINI , SILVESTRI , GRASSI , BOCCIA Maria Luisa , PISA , TIBALDI , DONATI , CAPELLI , TURIGLIATTO , BRISCA MENAPACE , BELLINI , RIPAMONTI , PECORARO SCANIO , ALFONZI , ALBONETTI , VANO , PALERMO , NARDINI , VALPIANA , BONADONNA – Al Ministro degli affari esteri. –
Ad oltre tre mesi dal dibattito in Aula sul rifinanziamento della missione in Afghanistan e di fronte alla significativa escalation dei talebani che sta vedendo il sacrificio dei militari italiani, impegnati in quel territorio, premesso che:
le politiche degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan hanno ricreato l’ambiente propizio per il terrorismo che l’invasione del 2001 diceva di voler distruggere. La fame sta alimentando la rabbia, e nonostante gli appelli per aumentare i fondi, la comunità internazionale, guidata dagli Usa, ha continuato a convogliare la maggior parte degli aiuti verso le operazioni militari e di sicurezza. Questa strategia è stata perseguita sia nei finanziamenti che nelle scelte prioritarie dei piani di politica estera, militari, antinarcotici e di ricostruzione. La spesa militare ha superato del 900 per cento quella per lo sviluppo e la ricostruzione: dal 2002 sono stati spesi 82,5 miliardi di dollari per le operazioni militari in Afghanistan, rispetto ad appena 7,3 miliardi di dollari per lo sviluppo;
quasi ogni giorno a Kandahar, Kabul ed Herat – si legge in un dossier del Senlis Council, think tank sulla politica internazionale con sedi a Kabul, Londra, Parigi e Bruxelles – la popolazione scende in piazza per manifestare il proprio disagio, senza alcun controllo delle autorità locali e della stessa forza militare internazionale della Nato. Un malessere dovuto all’illusione disattesa di trovare nell’era post talebana condizioni di vita migliori e garanzia di rispetto dei diritti comuni. Nella gestione delle immense proprietà terriere continuano ad evidenziarsi i problemi del passato e per taluni aspetti vi è stata una regressione persino rispetto al periodo talebano. Contemporaneamente si è affermata una rinnovata egemonia nel Paese di quelli che sono stati definiti i “Signori della Guerra”;
l’intensificazione delle azioni suicide, gli attentati con ordigni improvvisati (Ied), il ricorso a sequestri indicano una sempre più chiara ”irachizzazione” dell’Afghanistan. Lo evidenziano rapporti del Sismi risalenti alle settimane scorse, che evidenziavano un livello di rischio ”significativo” per il contingente italiano schierato a Kabul ed Herat;
lo scenario trova conferme nell’attentato costato la vita all’alpino Giorgio Langella e nel ferimento il giorno successivo di altri tre militari italiani;
i rapporti indicano una “intensificazione dell’attività terroristica nei confronti di personale ed interessi della Coalizione internazionale e di Isaf, con conseguente maggiore esposizione anche del contingente italiano”. La recrudescenza dell’attività della guerriglia, sempre secondo il Sismi è avvenuta in concomitanza con l’espansione a sud di Isaf, che il 31 luglio è subentrata ad Enduring Freedom ed è stata riscontrata anche un’intensificazione dell’attività destabilizzante nelle aree in cui la presenza di cellule terroristiche era in precedenza considerata di basso livello;
un’inchiesta della National Intelligence Council (Nic) resa pubblica nei giorni scorsi segnala che il conflitto iracheno si è trasformato in una palestra dove i mujaheddin non solo elaborano nuove tecniche terroristiche ma le esportano con conseguenze disastrose. È il caso dell’Afghanistan dove i talebani si sono riorganizzati lanciando attacchi simili a quelli che avvengono in Iraq. Sempre secondo l’agenzia americana Nic la migrazione di terroristi e la possibile saldatura con gli estremisti presenti in Afghanistan può portare alla nascita di nuove formazioni che si autocreano e autofinanziano (droga e traffici). Una situazione oltretutto avvantaggiata dalla recente decisione del Presidente pakistano Musharraf che ha lasciato ufficialmente alle milizie locali il controllo della regione a nord del Paese confinante con l’Afghanistan;
se il corrente trend dovesse continuare, ha dichiarato il generale Michael Hayden, capo della CIA, i pericoli saranno diversi e potremmo assistere a un loro aumento;
il 14 settembre il generale James Jones, comandante delle operazioni della Nato, dichiarava, davanti al Consiglio permanente dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse), al quale doveva rendere conto dei progressi della Nato in Afghanistan, che il ritorno della violenza nel sud dell’Afghanistan non è legato solo ai talebani ma anche a resti di Al-Qaida e ai cartelli della droga;
nonostante le prove dell’evidente fallimento delle strategie adottate dalla comunità internazionale per assicurare la ricostruzione, pacificazione e progresso democratico nel Paese, il Consiglio di Sicurezza ONU ha riconfermato il 12 settembre 2006 il mandato alle forze Isaf fino all’ottobre 2007 senza considerare l’eventualità di un mutamento di strategia, resosi peraltro necessario a fronte dell’inasprimento della situazione sul campo;
l’Italia, in quanto partner di primo piano nell’Afghanistan Compact, ha una responsabilità particolare nell’assicurare il buon esito degli sforzi della comunità internazionale in Afghanistan;
ritenendo che:
il quinto anniversario dall’intervento armato in Afghanistan ha messo in luce le fallimentari politiche militari, umanitarie e contro la produzione dell’oppio sinora adottate;
di fronte al ritorno ed alla crescente offensiva dei talebani, la comunità internazionale deve immediatamente ridefinire l’intero approccio verso la questione afghana;
gli aiuti all’emergenza povertà devono essere la priorità assoluta e solo allora si potrà parlare di nation-building e di ricostruzione;
risulta opportuna un’analisi politica estremamente approfondita in Parlamento, delle politiche militari che vedono gli italiani impegnati in quel territorio;
constatando il sacrificio dei militari italiani a Kabul, la drammatica situazione della popolazione, la progressiva insorgenza di fazioni simpatizzanti con il vecchio regime talebano e la mutata situazione dell’intervento militare in Afghanistan, si chiede di sapere:
se non si ritenga opportuno porre negli ambiti multilaterali competenti (quali la NATO e l’Afghanistan Compact) l’obiettivo primario di un mutamento di strategia, nonché un’effettiva trasformazione della presenza dell’ONU e dell’Unione europea in quel Paese;
se il Governo non ritenga necessario rivedere la propria partecipazione alla componente militare del Compact creando così le premesse per una radicale trasformazione della presenza italiana in Afghanistan, nella prospettiva di un ritiro delle truppe a vantaggio di forme efficaci di promozione della sicurezza umana e dei diritti fondamentali delle popolazioni afghane, nonché di prevenzione politica e sociale del conflitto;
se non ritenga opportuno, nell’ambito delle proprie competenze, dare seguito a quanto deliberato in occasione del rifinanziamento delle missioni militari, anche al fine di verificare se la presenza dell’Italia e le sue attività siano coerenti con gli obiettivi fissati dal Governo – la normalizzazione e pacificazione del Paese.