Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

DPEF 2005-2008

3 Agosto 2004

XIV legislatura

Seduta n. 652

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, concentrerò il mio intervento a commento del Programma infrastrutture strategiche allegato a questo Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2005-2008.

La prima considerazione è semplice. Questo documento (che costituisce un vero e proprio allegato separato) non fa rigorosamente il punto dello stato di attuazione delle grandi opere, non aggiorna i costi, anche là dove le opere hanno già superato il progetto preliminare; soprattutto non chiarisce una credibile correlazione tra tali investimenti e le politiche di bilancio previste dal Documento di programmazione economico-finanziaria, cioè quali sono gli effetti, in termini di riduzione del debito o di sviluppo della domanda e dell’offerta, di questo tipo di infrastrutture.

È un elemento grave, perché l’esigenza di fare il punto era nata proprio dalla necessità di correlare politiche di bilancio e politica delle infrastrutture, che invece anche in questo Documento restano completamente separate.

Se, come appare, si realizzeranno tutte le infrastrutture che continuano ad essere riproposte con questo Documento, in realtà si stanno preparando pesanti debiti aggiuntivi per le generazioni future e per i futuri bilanci dello Stato.

Di questo non c’è traccia nei documenti sottoposti alla nostra attenzione, anzi, non solo si confermano le 150 opere previste dalla delibera CIPE del 2001, pari a 125 miliardi di euro, ma addirittura si ha il coraggio di allungare la lista per altri 5,3 miliardi di euro.

Voglio ricordare che ieri il ministro Siniscalco ha precisato che questa lista aggiuntiva per il momento è solo scritta nel documento allegato, è una proposta del ministro Lunardi e dovrà pertanto essere valutata dal CIPE. Quindi, stiamo esaminando un documento che forse non è stato nemmeno discusso dalla compagine di Governo.

La conclusione è che si continua a puntare, secondo questo allegato, su 103 opere strategiche, di cui non è stimato il costo complessivo in termini aggiornati, rispetto alle quali il ministro Lunardi fa richiesta di ottenere nella prossima legge finanziaria ulteriori 7,2 miliardi di euro per non far azzerare completamente la progressiva realizzazione delle infrastrutture.

Ma, si badi bene, l’aspetto più delicato della nostra discussione è che niente di questo allegato ha a che fare con quello che poi è effettivamente contenuto nel DPEF, là dove si richiama la stessa politica delle opere strategiche. Infatti il Documento, quello vero, parla di 27 opere selezionate, senza dire quali (non sono previste nell’allegato), senza specificarne i costi e senza indicare una lista di priorità.

Devo dire che avevamo il dubbio che questo allegato sulle opere strategiche fosse uno strumento un po’ inutile; adesso ne abbiamo, purtroppo, la ragionevole certezza. Ne siamo dispiaciuti, perché la connessione fortissima tra politiche di bilancio e politiche delle infrastrutture in questo Paese è un elemento che non può andare avanti in modo così disordinato.

Il secondo argomento che il Documento non affronta (e, ovviamente, nemmeno l’allegato) è quello delle risorse indispensabili per proseguire questa corsa forsennata, le promesse elettorali nel campo delle infrastrutture strategiche. Sono presenti numerose tabelle, per la maggioranza dei colleghi credo quasi incomprensibili e contraddittorie, ma per noi che seguiamo tutti i giorni i progetti sul territorio e dentro le varie istituzioni preposte alla loro realizzazione tutto è piuttosto chiaro.

I conti non tornano, le risorse sono assolutamente scarse e addirittura nel documento si sostiene che nei prossimi due anni, cioè quelli che mancano alla scadenza della legislatura, il Governo riuscirà a reperire quei 50 miliardi di euro di infrastrutture che non sono stati realizzati nei primi tre anni.

Ma, meglio del documento allegato, parlano per tutti i dati ANCE. L’ANCE ha stimato che il CIPE ha approvato opere per 39 miliardi di euro mentre sono disponibili effettivamente (tra risorse pubbliche, ISPA, concessionarie autostradali, Fintecna) 17 miliardi.

Mancano quindi all’appello, solo per le opere già approvate, 22 miliardi e numerose sono ancora le opere da discutere da parte del CIPE. Dunque, una enorme voragine di risorse che non ci sono, mentre si continua ad allungare la lista.

Voglio fare una sottolineatura sulla questione delle risorse private, perché in questi giorni è balzato all’attenzione della discussione politica il parere negativo sul progetto preliminare dell’autostrada Milano-Brescia della nuova Giunta della Provincia di Milano. Questo perché l’intero progetto – e qui entriamo nel merito delle risorse private – è stato, per così dire, ritagliato su un tratto dell’infrastruttura che si autofinanzia a causa dei flussi sicuramente enormi che può assorbire, ma non sono previste opere complementari, l’interconnessione con le realtà locali o la tangenziale Est esterna (perché è chiaro che portare 100.000 veicoli in più su Milano significherà congestionare l’attuale realtà milanese).

È quindi chiaro che quando si parla di risorse private modellandole solo su alcuni pezzi di infrastrutture si fa l’errore di non capire che queste ultime sono collocate in territori che comunque hanno determinate esigenze.

A noi Verdi non è suonato inaspettato questo giudizio negativo, perché esiste una controproposta, che noi condividiamo, di 35 sindaci dell’hinterland milanese, che propone un intelligente adeguamento delle strade locali come soluzione ai problemi di mobilità che già esistono, senza gravare ulteriormente di traffico di transito quelle realtà.

Cosa deve determinare, dunque, questa scelta? Le risorse pubbliche sono scarse, quelle private altrettanto e si concentrano laddove c’è una effettiva redditività, che tuttavia non può essere misurata a pezzi, su piccoli tratti, perché questo non funziona rispetto al territorio e, tanto meno, alla mobilità.

È gravissimo che, in assenza di risorse e con 250 interventi strategici pendenti, in questo allegato si continui addirittura ad allungare la lista delle opere per altri 5,3 miliardi di euro. Non c’è alcuna valutazione rispetto alle politiche di trasporto sostenibile, non c’è alcuna indicazione di sostenibilità, né alcuna verifica in ordine alla capacità di queste infrastrutture di generare benefici veri, reali e misurabili per la collettività. Credo che parli per tutti l’inutile e sbagliato progetto del Ponte sullo Stretto.

Questa situazione grave, drammatica, di paralisi a cui ci ha portato il Governo Berlusconi avrebbe dovuto indurre esattamente il percorso opposto: riconoscere lo stato vero della situazione e chiedere una forte selezione degli investimenti; il Governo avrebbe dovuto dire quali erano le priorità per i prossimi due anni. La lista, invece, si allunga in assenza di risorse (per tutto questo, peraltro, non c’è da preoccuparsi, perché più le liste sono lunghe e meno infrastrutture si fanno) e questo è e resta un problema per chi governa o per chi dovrà governare il Paese.

Noi proponiamo una selezione delle seguenti quattro priorità, che è indispensabile: le città e le infrastrutture per la mobilità urbana, oggi abbandonate a se stesse; l’intermodalità e lo sviluppo dei porti come soluzione alla congestione di molte aree del Paese, in particolare nei traffici Nord-Sud del Paese; gli investimenti ferroviari, con accurata scelta rispetto a cosa serve davvero; l’adeguamento della viabilità locale, che è la vera domanda crescente che viene dal Paese e dalle amministrazioni locali.

Voglio infine fare un ragionamento, insieme a voi, sulla proposta che contiene l’allegato in ordine all’idea di «pedaggiare» 4.200 chilometri di strade stradali da parte dell’ANAS.

Premetto che i Verdi sono favorevoli a forme di «pedaggiamento» che abbiano finalità ambientali e che siano correlate ad un effettivo incremento di qualità del servizio, ma quella che ci viene proposta nell’allegato è un’ipotesi inaccettabile. Infatti, non si tratta di una proposta tariffaria avente ricadute sulla politica dei trasporti e finalità di reinvestimento nelle politiche ambientali (sto pensando, ad esempio, a Londra e alla sua congestion charge); è una proposta iniqua, perché non incrementa la qualità del servizio ai cittadini, ed è inoltre sbagliata perché in questo momento serve solo a fare cassa, in modo del tutto slegato da una strategia di politica dei trasporti e di reinvestimento intelligente.

Quindi, anche questa proposta, che parte da un’idea giusta, è stata delineata nel modo sbagliato, forse per farla fallire, in questo inutile allegato sulle politiche infrastrutturali del nostro Paese.

Questo Documento ed in generale il programma di infrastrutture strategiche avrebbero richiesto invece rigore, selezione, scelte difficili ed impopolari – ce ne rendiamo perfettamente conto – ma assolutamente indispensabili se si vogliono davvero realizzare quelle opere così necessarie al nostro Paese.

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