Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Porti, sbloccati 1,2 miliardi di investimenti

25 Ottobre 2006

Il Sole 24 Ore

di Morena Pivetti
«Per i porti ho fretta: se non ci diamo una mossa, in termini di infrastrutture e di gestione, se non facciamo sistema non riusciremo a crescere ai ritmi sostenuti che avrà il traffico marittimo dall’Asia nei prossimi dieci anni. Lo sviluppo del Paese, e del Mezzogiorno in particolare, parte da voi: pensatevi al centro di qualcosa di nuovo». È con decisione che il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha spronato ieri mattina l’assemblea di Assoporti a recuperare i ritardi e la competitività perduta nei confronti non solo degli hub e delle grandi aree logistiche del Nord Europa, indicate come esempio, ma anche dei dinamici scali spagnoli.

«Con la Finanziaria il Governo ha fatto la sua parte —ha continuato Prodi, che aveva a fianco i ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti — privilegiando i porti. Ora tocca a voi ridurre la frammentazione, coordinarvi e specializzarvi: va superata l’idea per cui ogni scalo è universale e gioca da solo. La Spezia, Genova e Savona devono pensarsi come un unico porto dell’alto Tirreno, da Capodistria fino a Ravenna come un unico scalo dell’alto Adriatico, con Gioia Tauro, Taranto e Cagliari a presidiare il transhipment. Preferiamo che questo processo sia guidato dal basso ma se non sarà così prenderemo misure dall’alto». Un ammonimento che il premier ha ripetuto più volte.

La Finanziaria e il Dl collegato sono stati «generosi» con la portualità tanto che il presidente di Assoporti, Francesco Nerli, ha parlato di «punto di svolta significativo », concordando con la necessità di serrare le fila e accelerare le opere. Abolito il tetto agli investimenti, che sblocca 1,2 miliardi per le infrastrutture, si avvia l’autonomia finanziaria con l’assegnazione alle Autorità delle tasse portuali (art. 136), si stanziano 100 milioni per gli hub (art.137)e si semplificano bonifica e dragaggio dei fondali (art. 13 del Dl 262). Una misura voluta da Antonio Di Pietro «per far ripartire gli scavi», che ne ha rivendicato anche ieri la paternità, ma che trova l’opposizione dei Verdi: «La norma va cambiata, serve una soluzione di mediazione », ha ribadito la presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato, Anna Donati.

«Oltre il 90% di quel che approda a Genova è destinato all’Italia: una dimensione provinciale. O ci giochiamo il mercato europeo — questo l’obiettivo del premier —andando alla conquista di Svizzera, Baviera, Austria, Est Europa, o litigheremo tra noi nella Pianura Padana».

A frenare la competitività dei porti è la scarsa accessibilità dei terminal, l’insufficienza delle banchine, gli elevati costi di intermediazione, l’assenza di procedure standard e soprattutto di grandi operatori logistici integrati che, come Deutsche gestiscano il postporto, l’instradamento via ferrovia e via strada. L’indispensabile marketing nazionale fatto in Cina e programmato a febbraio in India, non basta: i cinesi sono pronti a scommettere sui porti italiani ma chiedono interlocutori unici, garanzie sui tempi e scali liberi dalla criminalità.
«La sfida è riportare l’Italia dove era 500 anni fa» ha concluso Prodi.

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