La Repubblica
Scontro sul tracciato: il ministro punta sulle colline dietro Capalbio, la Regione non vuole allontanarsi dalla costa. Deciderà Berlusconi
Il “partito del no” questa volta ha detto sì. Anzi, ne ha detti sei. E così tutto il fronte ambientalista – da Legambiente al Wwf Italia Nostra – è sceso in campo compatto contro il progetto dell’autostrada Grosseto-Civitavecchia che dovrebbe attraversare Maremma, ultimo Eden pressoché incontaminato del Belpaese, per ampliare il cosiddetto “corridoio tirrenico” sulla fascia orientale della Penisola.
E’ un’opera di cui si parla da almeno vent’anni e, secondo il Libro bianco della Commissione Bruxelles, dovrebbe far parte della rete transeuropea di trasporto. Ma per eliminare la strozzatura esistente non c’è scritto in nessun documento ufficiale che l’unica soluzione è necessariamente quella autostradale.
Per contrastare entrambe le proposte sul tavolo, un tracciato esterno lungo la costa e uno interno in collina, gli ecologisti dicono sì innanzitutto all’adeguamento dell’Aurelia; poi sì “all’abbandono definitivo delle due sciagurate ipotesi autostradali”; alla protezione dell’ambiente maremmano e delle sue attività turistiche e agricole; alla modernizzazione dei collegamenti stradali tra la costa e l’interno; al potenziamento del trasporto delle merci su treno e nave; e sì infine “a una qualità della vita migliore per tutti”. Ma sono evidentemente tutti sì strumentali, finalizzati a bloccare sia il progetto originale della Società Autostrade toscane (Sat) sia quello più recente sostenuto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Pietro Lunardi.Tra le due ipotesi, c’è – anche in questo caso una “terzavia” su cui si attestano i Verdi e le associazioni ambientaliste, insieme alla Regione Toscana, alla comunità dell’intellighenzia di sinistra che trascorre il week-end e le vacanze in campagna a Capalbio, al popolo variopinto che frequenta il mare dell’Argentario.
L’alternativa è appunto l’adeguamento della statale Aurelia tra Grosseto e Civitavecchia con una “tipologia autostradale”, come recita testualmente una proposta dell’Anas già approvata il 5 dicembre 2000 dal ministero dei Lavori pubblici, dalla Regione Lazio e dalla Regione Toscana. Sono 96 chilometri che oggi ostruiscono il “corridoio tirrenico”, ostacolando il traffico automobilistico e compromettendone la sicurezza. “Io l’ho firmata quell’intesa – dice l’assessore toscano all’Urbanistica e alle Infrastrutture, Riccardo Conti – e per noi rimane sempre valida”.
Che cosa s’intende esattamente per “tipologia autostradale”? Può significare due varianti diverse: un itinerario a percorrenza garantito e sostanzialmente coincidente con l’attuale tracciato dell’Aurelia (Anas); oppure un itinerario a pedaggio con una variante interna nel tronco Fonteblanda-Nunziatella (Sat). In entrambi i progetti, la sede stradale sarebbe larga 23 metri, con quattro corsie, uno spartitraffico centrale e le banchine laterali. Nel secondo caso, però, bisognerebbe realizzare in più un sistema di viabilità alternativa per il traffico locale, in modo da evitare ai residenti l’obbligo del pagamento.
Di conseguenza, aumenterebbero i costi complessivi dell’operazione: 1.685 miliardi di vecchie lire (compresi i 285 per le opere accessorie di connessione con i porti) nello studio dell’Anas; 3.280 miliardi (più 285 per i raccordi con i porti) nello studio della Sat “L’ipotesi proposta da Anas – conclude perciò il verbale sottoscritto nel dicembre 2000, escludendo esplicitamente la praticabilità della proposta Sat – risulta viceversa apprezzabile soprattutto sotto il profilo tecnico-ambientale”. Resta da verificare tuttavia se l’ampliamento dell’Aurelia sarà sufficiente a risolvere il problema, secondo le attese della stessa popolazione locale.
A poco più di un anno di distanza da quella riunione, celebrata la vittoria elettorale del centro destra e cambiata la maggioranza di governo, il 28 gennaio 2002 il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti convoca nuovo incontro con le parti interessate per fare il punto della situazione. Il rappresentante di Lunardi dichiara che non è possibile confermare la soluzione Anas con i soli finanziamenti pubblici e invita la Società Autostrade a descrivere sommariamente due ipotesi autostradali a pedaggio: una costiera, elaborata sulla base degli studi precedenti; l’altra con un nuovo tracciato collinare, a sud di Grosseto, elaborata su richiesta dello stesso ministero. E qui si apre il conflitto che contrappone Lunardi alla Regione Toscana, alle Province di Grosseto e Livorno, insieme a tutto il fronte degli ambientalisti: una “guerra di religione” tra governo centrale ed enti locali che minaccia di diventare istituzionale nella prospettiva di un ricorso alla Consulta.
Tra le due ipotesi autostradali per allargare il “corridoio tirrenico”, la differenza è di circa mille milioni di euro: i costi sarebbero rispettivamente di 3.418 miliardi di vecchie lire per la soluzione costiera e di 5.329 per quella collinare. Ma naturalmente non si tratta soltanto di questo. C’è l’impatto ambientale che pesa in entrambe, seppure in misura diversa. E c’è l’impatto sociale con le popolazioni della zona, con gli interessi e con le aspettative economiche, che impone un confronto e una ricerca del più largo consenso possibile.
A parte i costi inferiori, la soluzione del tracciato costiero – vicino all’Aurelia, alle zone abitate e a quelle di pregio ambientale, culturale e turistico – comprometterebbe definitivamente il litorale.
Il “corridoio” risulterebbe fortemente congestionato, tanto più perché un’autostrada a pedaggio dev’essere affiancata da una complanare per il traffico locale. E in futuro non sarebbe neppure possibile un ulteriore ampliamento.
La soluzione collinare, al di là dei costi superiori e dell’opposizione pregiudiziale della Regione Toscana, non suscita però minori preoccupazioni tra gli ambientalisti. Il ministro Lunardi sostiene che il tracciato è distante dall’Aurelia; che le zone interessate sono tutte di scarso pregio, per lo più pascoli o campi incolti, mentre i boschi sarebbero attraversati da gallerie sotterranee; che tra qualche decennio l’autostrada sarà facilmente potenziabile con una terza corsia; e infine che così l’Aurelia verrà decongestionata dal traffico pesante, a favore di quello locale e turistico fra Tarquinia, Capalbio, l’Argentario e il Parco dell’Uccellina. Tra le due ipotesi autostradali, insomma, la seconda potrebbe rivelarsi il male minore.
Ma il “fronte del no”, schierato in difesa dell’ambiente e del paesaggio naturale della Maremma, arruola in questo caso la stessa Società Autostrade. Dal punto di vista orografico, infatti, l’area interessata è più complessa dell’altra. Oltre ai costi di costruzione, comprensivi di l4 chilometri di gallerie e 28 di viadotti, salirebbero anche quelli di manutenzione e di gestione. Il percorso collinare verrebbe utilizzato solo per i lunghi spostamenti e quindi la notevole riduzione di traffico, una media 9.800 passaggi al giorno contro i 10.900 preventivati sulla costa, abbasserebbe la redditività dell’opera con un aumento delle spese a carico dello Stato. E soprattutto, secondo gli oppositori della soluzione interna, per molti anni la Maremma sarebbe devastata dai cantieri; il turismo e l’agriturismo ne risentirebbero in modo irreparabile; i vigneti verrebbero abbandonati; locande, ristoranti e maneggi chiuderebbero i cancelli; tutta la zona insomma sarebbe colpita da una grave crisi dell’occupazione.
A chi gli espone tutte queste obiezioni, il ministro Lunardi risponde mostrando subito due volumi di mappe e di grafici, con il fotomosaico dell’area ripresa dall’alto. A suo parere, “le gallerie richiedono poca manutenzione, sono la soluzione più ecologica e rappresentano un investimento per salvaguardare il litorale”. E comunque il progetto dell’autostrada collinare implica non solo l’ampliamento dell’Aurelia, secondo la proposta dell’Anas, ma anche il potenziamento della rete ferroviaria e la realizzazione delle “autostrade del mare”, per le quali il ministero sta già promovendo un accordo tra i paesi del Mediterraneo, in modo da alleggerire complessivamente il traffico su gomma che attraversa la Penisola a est.
Gli ambientalisti sospettano che la propensione del ministro a favore delle gallerie derivi in realtà da una sorta di deformazione professionale: e cioè dal fatto che Lunardi, prima di andare al governo, gestiva due imprese proprio in questo settore. Lui replica “Una l’ho venduta, l’altra opera all’estero e perciò non potrebbe partecipare ad appalti in Italia. In ogni caso, le gare saranno assolutamente trasparenti”.
Per i Verdi, la senatrice Anna Donati ribatte: “L’azienda che il ministro dice di aver venduto, in realtà l’ha venduta ai suoi familiari: il conflitto di interessi, dunque, permane”.
A dirimere la querelle, se alla fine risultasse insolubile, sarà comunque Silvio Berlusconi in persona. Il disegno di legge presentato dallo stesso Lunardi, e intitolato “Disposizioni in materia di infrastrutture e di trasporti”, attribuisce infatti al presidente del Consiglio la facoltà di decidere per decreto la compatibilità ambientale e la localizzazione urbanistica del singolo intervento, nonché la pubblica utilità dell’opera nell’ambito dei cosiddetti piani strategici. E dal momento che – come tutti sanno – il nostro premier è l’incarnazione vivente del conflitto di interessi, non occorre uno sforzo particolare di fantasia per immaginare fin d’ora quale potrà essere il suo responso sull’autostrada della discordia.
Giovanni Valentini