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La Costituzione fatta a pezzi Ma noi non ci arrendiamo

25 Marzo 2005

Il voto di mercoledì ha inflitto un colpo durissimo allo stato di diritto democratico nel nostro Paese

Il voto di mercoledì ha inflitto un colpo durissimo allo stato di diritto democratico nel nostro Paese. Il Senato, sotto il ricatto elettorale della Lega, ha approvato un disegno di legge che getta al vento il lavoro dei padri costituenti e il sistema di equilibri e rapporti fra organi costituzionali. Riduce sensibilmente i poteri di garanzia del presidente della Repubblica, trasformato in semplice notaio, e smembra l’assetto indipendente della Corte costituzionale ed entrambi diventano espressione della maggioranza. Le Camere sono ridotte a ostaggio di un presidente del Consiglio plenipotenziario e le leggi saranno approvate con una sorta di fiducia permanente entro trenta giorni dalla decisione del Premier di ritenerle fondamentali per il suo programma. Un guazzabuglio di norme sbagliate, confuse, contraddittorie ed un evidente disprezzo delle regole democratiche che modificano non solo la forma di governo, ma anche quella dello Stato. Questo è il frutto della riscrittura «privatistica» della seconda parte della Costituzione che si è consumata nella baita di Lorenzago, grazie all’operosità estiva dei celebri 4 saggi.  In Senato è arrivato quindi un testo blindato, da approvare inesorabilmente prima dell’imminente tornata elettorale: nessun margine di confronto con l’opposizione e una discussione parlamentare a cronometro, sotto la minaccia delle paventate dimissioni del ministro leghista Calderoli.  In questo contesto, paradosso dei paradossi, il Senato della Repubblica ha approvato il senato federale: così facendo l’Assemblea di Palazzo Madama ha ridotto se stessa a una sorta di Camera morta. Un ramo del Parlamento che non sarà in grado di rappresentare le istanze delle Regioni e non sarà più neppure organo di garanzia e un utile contrappeso nel procedimento di formazione delle leggi.  Per l’assoluta gravità della riforma e le concrete minacce alla democrazia che il testo rappresenta, i senatori dell’Unione sono usciti per protesta dall’Aula al momento del voto finale. Questo, dopo aver condotto una battaglia parlamentare, vinta con i numeri di cui dispone la maggoranza, che comunque ha visto autorevoli dichiarazioni in dissenso (ad esempio il vicepresidente del Senato Fisichella e i senatori a vita Colombo e Andreotti).  Entro tre mesi il provvedimento sarà esaminato dalla Camera, poi l’ultima lettura al Senato: passaggi pressoché formali, visto che il testo non sarà più emendabile, ma per noi la battaglia non è finita.  Il nostro impegno si sposta anche fuori dai Palazzi della politica, per coinvolgere direttamente i cittadini, nel referendum confermativo, contro una riforma sbagliata e pericolosa. Una nuova carta costituzionale che scardina principi e regole dello stato di diritto democratico ed espone il Paese, come giustamente ha sottolineato Romano Prodi, al rischio concreto di una dittatura della maggioranza e ancora di più di una dittatura del premier.
Anna Donati Senatrice Verdi-L’Unione

Da: “La Gazzetta di Mantova”
Rubrica: Lettere

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