Il Sole 24 Ore
Parte l’attacco finale per ottenere la revoca della concessione – Secondo l’esponente del Governo il nodo resta quello degli investimenti mai effettuati: ci sarebbe un «buco» di 2.760 milioni
Giorgio Santilli
Nel periodo 2003-2008 Autostrade per l’Italia potrà godere di 500 milioni di «extraprofitti», vale a dire scostamenti fra gli utili programmati e quelli effettivi.
È quanto ha affermato il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, che ha avviato l’attacco finale alla concessione di Aspi, intervenendo alle commissioni Lavori pubblici e Trasporti di Senato e Camera. «Il traffico – ha detto Di Pietro – è cresciuto fra il 2001 e il 2005 ben oltre le previsioni, i ricavi sono cresciuti costantemente, le tariffe sono cresciute anno dopo anno. L’unica cosa che è rimasta sotto le previsioni sono gli investimenti: al 2005 si sarebbero dovuti realizzare lavori per 4.972 milioni, ne ha realizzati 2.212».
Tutti argomenti che serviranno a Di Pietro per verificare se ci siano elementi per revocare la concessione per squilibrio contrattuale (in base all’articolo 1467 del codice civile) o almeno per rivedere il piano economico-finanziario, come previsto dalla concessione in caso di squilibri. Il vero obiettivo, però, il ministro lo ha dichiarato ieri facendo riferimento alla fusione con Abertis per cui – ha detto – non teme il responso Ue.
«Mi auguro che la commissione Ue – ha detto Di Pietro – rimuova l’impedimento giuridico alla concessione dell’autorizzazione, dichiarandolo inapplicabile. In questo modo avremmo la possibilità di entrare nel merito». L’impedimento è, ovviamente, il divieto per i costruttori di entrare nel nucleo stabile di controllo di Autostrade, che Bruxelles potrebbe considerare illegittimo; il merito cui fa riferimento Di Pietro è, invece, la ridiscussione della concessione, con il quinto atto aggiuntivo, necessario comunque per dare l’autorizzazione al trasferimento della concessione.
Di Pietro punta proprio sulla fusione per chiamare al tavolo Autostrade. Il ministro ha detto esplicitamente che intende ridiscutere il meccanismo tariffario e riportare il Roe (Return on equity) a livelli più contenuti, dopo il balzo (ingiustificato rispetto alle previsioni) di questi anni. «Il Roe era del 2,8% nel 1997, è arrivato nel 2002 al 28 per cento. Certamente intendo correggere questa distorsione per il futuro – ha detto -, ma perché non anche per il passato?»
Di Pietro ha bollato gli «extraprofitti» come «arricchimento senza giusta causa» e ha aperto un nuovo “fascicolo” sulle modalità in cui fu approvato il quarto atto aggiuntivo. Il arto atto aggiuntivo – ha detto – tato firmato solo quattro giorni prima della delibera del Cipe del 23 dicembre del 2002, che riguardava il riallineamento del Roe per controllare gli extra-profitti della società. Invece il IV atto aggiuntivo, approvato forzatamente per legge – continua il ministro – se ne frega della delibera del Cipe perché applica le indicazioni delle Infrastrutture e non del Tesoro».
Altre 16 concessionarie, oltre ad Aspi, sono «sub iudice». Il ministro vuole anche introdurre «nuove regole per le sub-concessioni» e una gradualità sanzionatoria applicabile. Per le subconcessioni (aree di servizio, pubblicità, tlc) Di Pietro ha detto che vengono sfruttate economicamente «sine titulo» da parte dei concessionari. Il ministro infine ha acceso un nuovo faro: l’eccesso di concentrazione di Autostrade. «Siamo passati da una quota del 51% della rete totale – ha detto – al 70 per cento».
In commissione un forte sostegno a Di Pietro è arrivato dalla maggioranza con la presidente Anna Donati (Verdi), il diessino Paolo Brutti e Giorgio Pasetto (Margherita).