Il Sole 24 Ore
Giorgio Santilli
Il maximenedamento porta solo una piccolissima correzione per l’emendamento Di Pietro sulle concessionarie autostradali: prevede che a esprimere il parere sugli «schemi di convenzioni unica» – prima del loro arrivo al Cipe e alle commissioni parlamentari – non siano le concessionarie autostradali, ma «le associazioni rappresentative delle società concessionarie», vale a dire l’Aiscat.
Per il resto, il testo dell’ex articolo 12 del decreto legge 262, ora inserito all’articolo 2 con i commi 82-89, resta lo stesso approvato già dalla commissione Bilancio.
Si tratta, in sostanza, della stessa norma su cui avevano espresso pesanti perplessità tutti i protagonisti della fusione Autostrade-Abertis: l’amministratore delegato di Abertis, Salvador Alemany Mas, il presidente di Schema28, Giuseppe Piaggio, il presidente di Autostrade, Gian Maria Gros-Pietro.
L’impianto della «concessione unica» – che rivedrà in un quadro organico la convenzione originaria, le modifiche successive e le correzioni indotte dal decreto legge – resta ancorato a due pilastri fondamentali. Il primo è di ordine tariffario: previsto «il riallineamento in sede di revisione periodica» delle tariffe «in ragione dell’evoluzione del traffico, della dinamica dei costi nonché del tasso di efficienza e qualità conseguibile dai concessionari».
È un ritorno a un meccanismo tariffario più tradizionale di quello previsto originariamente nel decreto legge: simile all’attuale price-cap, che tuttavia comporterebbe una verifica del livello tariffario sulla base degli investimenti realmente effettuati e del traffico effettivo, con un probabile esito di riduzione del livello tariffario. Il secondo pilastro è la procedura che porta al decadimento del concessionario, alla gestione straordinaria e temporanea dell’Anas e alla gara per la nuova concessione in due casi: qualora il concessionario dichiari espressamente di non voler sottoscrivere la «convenzione unica» e qualora l’intesa Anas-concessionario non si perfezioni entro un anno «per fatto imputabile al concessionario».
Si tratta dei due pilastri voluti da Di Pietro e contestati dall’Aiscat e da Autostrade.
Un terzo elemento rilevante del nuovo quadro di regole per le concessionarie autostradali è l’obbligo di sottoporre all’Anas i bandi di gara per lo svolgimento dei lavori e il divieto di partecipazione alle gare per gli appalti delle società «comunque collegate ai concessionari».
Rispetto al testo iniziale dell’articolo 12 sono state inserite due sostanziali novità che dovrebbero contribuire – questo è l’auspicio di Di Pietro – a evitare la procedura d’infrazione della commissione Ue sulla fusione Autostrade-Abertis (per cui una decisione di Bruxelles è attesa non prima dell’8 novembre). La prima è l’esplicita affermazione che «cessa di avere applicazione, a decorrere dal 3 ottobre 2006, la deliberazione del Consiglio dei ministri 16 maggio 1997»: si tratta della norma sulla base della quale era scattata la bocciatura alla fusione Autostrade-Abertis il 4 agosto scorso. La seconda variazione rispetto al testo del decreto legge è l’eliminazione del tetto del 5% per l’espressione dei diritti di voto dei costruttori-soci.
Al Senato il testo non dovrebbe cambiare anche se molti, anche dentro la maggioranza, spingono per non richiedere anche a Palazzo Madama la fiducia sul testo che oggi esce da Montecitorio.
In materia di infrastrutture, vanno segnalate due novità apportate al decreto. I fondi per il Ponte sullo Stretto andranno alle infrastrutture siciliane (70%) e calabresi (30%), ma anche alla difesa del suolo per il 10%. Salta invece la norma (articolo 13) che avrebbe consentito di accelerare le opere di dragaggio e scavo per i porti. Forte opposizione dei Verdi che, con la presidente della commissione Lavori pubblici del Senato, Anna Donati, si sono detti comunque disponibili a concordare una norma da inserire in Finanziaria.