Di Anna Donati
La comunicazione è sostanza, rende consapevoli e forma ciascuno/a di noi, è parte fondante della democrazia, quindi va maneggiata con responsabilità, tanto più che è diventata sempre più pervasiva e veloce con i social e la rivoluzione digitale. Questo vale in ogni segmento, anche nel campo della mobilità, di come vengono lanciati dati e studi, dove se viene negata la complessità ed i mutamenti dei fenomeni, in un attimo diventa propaganda.
Un caso emblematico è stato lo studio del Senseable City Lab del MIT, ripreso con grande evidenza dai media nell’estate 2024 che per giorni hanno rilanciato il messaggio: “Limite 30 km/h = più inquinamento”. Nell’articolo di Rai News, poi ripreso da testate come il Corriere della Sera, TGCom24, Il Giorno e molti altri, si legge che «In caso di applicazione del limite dei 30km/h nell’intero territorio del Comune di Milano, le emissioni di CO2 aumenterebbero dell’1,5%, mentre quelle di PM, particolarmente nocivi per la salute umana, del 2,7%», con una divulgazione parziale, omissiva e fuorviante.
Infatti, questo dato non è stato nemmeno menzionato nel corso della presentazione dello studio nell’ambito del Forum dell’Urban Mobility Council da parte del prof. Carlo Ratti, che invece metteva in evidenza i benefici dell’intervento Città 30, il quale è dovuto intervenire per fare chiarezza su quanto frettolosamente divulgato dai media. Come ha infatti dichiarato l’esperto del MIT, «considerando tutti gli effetti primari e secondari si prevede che l’impatto complessivo della riduzione dei limiti di velocità possa portare ad una riduzione netta dell’emissione dei gas», in linea con i risultati osservati in altre città Europee e smentendo quanto riportato in maniera fuorviante dalla stampa italiana.
La macchina divulgativa deve, al giorno d’oggi, adattarsi ai nuovi meccanismi che dettano la competizione dei media: titoli ad effetto, semplificazione e brevità per adeguarsi alle abbassate soglie di attenzione. La conseguenza è che produrre un comunicato, da parte di figure tecniche ed associazioni, è oggi più complesso e richiede grande attenzione per proteggersi dalle ampie possibilità che i dati comunicati vengano travisati, decontestualizzati, semplificati in titoli fuorvianti o parziali. Altro elemento su cui riflettere sono le notizie fuorvianti che fanno molti più danni di quelle false poiché contribuiscono alla disinformazione sui social più delle fake news.
Come ha acutamente osservato Elena Colli – esperta di comunicazione su DataMobility (promosso da GoMobility srl) – “il dato non dice nulla da solo: siamo noi a trasmettere specifici messaggi selezionando alcuni numeri invece che altri, aggiungendo interpretazioni soggettive non supportate dai dati, utilizzando specifiche parole o toni, omettendo altri dati o dettagli metodologici. Cosa ci ha insegnato questa storia? Innanzitutto, che i dati da soli non parlano. O perlomeno non parlano la nostra lingua. I dati sono numeri, e sta a noi applicare le giuste regole di interpretazione e comunicazione. Nel momento cruciale della sintesi indirizzata al pubblico è fondamentale usare un linguaggio chiaro poco soggetto a interpretazioni e soprattutto cauto qualora si tratti solo di supposizioni e ipotesi e non di correlazioni e causazioni verificate.”
Infine, come non ricordare che questa campagna di disinformazione così estesa dei media sulla Città a 30 km è avvenuta mentre è in corso la sperimentazione del Comune di Bologna, decisamente osteggiata dal Ministro dei trasporti ed infrastrutture Matteo Salvini: quindi non solo un cattivo esempio di incuria nella comunicazione, ma un preciso e chiaro disegno per screditare l’esperienza di Bologna.
Rubrica QualEnergia, Numero settembre-ottobre 2024