Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Ratifica Protocolli Convenzione Alpi

3 Ottobre 2003

XIV legislatura

Seduta n. 471

Discussione generale dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi, con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (Approvato dalla Camera dei deputati) (1842)

DONATI ed altri. – Ratifica ed esecuzione dei Protocolli alla Convenzione per la protezione delle Alpi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (1157)

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, non posso che confermare il mio dispiacere per questo modo di procedere nella discussione di un provvedimento così rilevante, considerato altresì il fatto (mi rivolgo alla nuova relatrice, perché ieri il relatore era un altro) che comunque, non concludendosi oggi l’esame, è assolutamente illogico svolgere adesso una discussione che dovrebbe servire a ragionare e a capirci per poi, al termine della sessione di bilancio, ritornare sull’argomento con l’esame degli articoli ed il voto di questo disegno di legge. È un modo di procedere, a mio parere, davvero poco intelligente, perché non consente una riflessione accurata su un provvedimento così importante.

Perché i Verdi attribuiscono enorme rilevanza a questo testo? Perché esiste un’importante Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi, firmata ormai più di dodici anni fa, e oggi siamo nella fase di ratifica di alcuni importantissimi Protocolli, che vengono sottoposti alla nostra attenzione.

Voglio ribadire l’importanza della Convenzione, quale strumento di una strategia comune tra i diversi settori, tra le diverse Regioni e i diversi Paesi (appartenenti o meno all’Unione Europea) al fine di assicurare una protezione coerente e significativa di tutto l’Arco alpino, delle persone, delle imprese, delle attività e degli elementi di mobilità presenti in tale territorio.

La ratifica – ci tengo a sottolinearlo – si riferisce a Protocolli che investono settori prioritari, quali: la protezione delle foreste; la pianificazione territoriale e lo sviluppo sostenibile; la composizione delle controversie (proprio perché, come spesso è accaduto in passato, le montagne hanno diviso, trovare elementi procedurali unitari di composizione delle controversie appare importante); la difesa del suolo (è noto quanto questa incida in termini di sicurezza e di protezione dell’ambiente, anche nel territorio italiano); la protezione della natura e la tutela del paesaggio; l’agricoltura di montagna; il turismo.

Questi sono i Protocolli che la maggioranza ha inserito nel disegno di legge, modificando il testo originario presentato dal Governo, perché nell’esame in Commissione affari esteri è stata soppressa la lettera i), relativa al Protocollo nell’ambito dei trasporti.

Quindi, l’elemento di forte preoccupazione e di contrarietà dei Verdi per come si sta procedendo è legato, com’è evidente, a questa soppressione.

Innanzitutto, voglio segnalare la profonda incoerenza di un Governo che nel Consiglio dei ministri approva un testo di ratifica di tutti i Protocolli sottoscritti nel 2000 a protezione delle Alpi, che alla Camera, al termine di lunga ed identica discussione, accoglie l’intero suo stesso provvedimento lasciandolo sostanzialmente immutato, ma che poi, allorché il testo arriva all’esame del Senato della Repubblica, presenta in Commissione un emendamento soppressivo, con il quale appunto si elimina il Protocollo trasporti.

Ovviamente la discussione è stata anche in Commissione molto accesa ed è emerso chiaramente il punto critico per cui si invoca la soppressione dell’intero Protocollo trasporti: esso è costituito dall’articolo 11 di quel Protocollo, articolo che riguarda il trasporto su strada.

Il Governo è contrario a tale articolo perché vi è scritto, molto chiaramente, che “le Parti contraenti” – quindi, chi sottoscrive il Protocollo – “si astengono dalla costruzione di nuove strade di grande comunicazione per il trasporto transalpino” e che i progetti stradali di grande comunicazione per il trasporto intraalpino possono essere realizzati solo a condizioni di sostenibilità ambientale. È quindi evidente che la politica del Governo è quella di sopprimere il Protocollo trasporti perché non condivide la politica di astensione dalla costruzione di nuove strade di grande comunicazione per il trasporto transalpino.

Voglio motivare la nostra contrarietà a questa soppressione e fare alcune valutazioni più generali in ordine alla mancanza di coerenza del Governo che, rispetto al proprio testo precedentemente predisposto e già approvato dalla Camera, chiede a quest’Aula di confermare la soppressione operata in Commissione al termine di una lunga e intensa discussione.

Innanzitutto un elemento importante: il Protocollo trasporti non prevede solo questo articolo 11, ma una serie di misure importanti sulla sostenibilità, sulla mobilità, sugli aiuti che possono essere accordati nel campo del trasporto, sia ferroviario che su strada, sul sostegno al trasporto su rotaia; e, appunto, mentre consente la realizzazione di infrastrutture o l’adeguamento di quelle esistenti all’interno di uno stesso ambito nazionale, questo Protocollo propone di astenersi dalla realizzazione di strade e autostrade di grande comunicazione transalpine.

Perché fa questo? Perché l’ecosistema alpino è molto delicato: basta recarsi nella Vallata del Brennero, del Frejus, del Monte Bianco, presso il Col di Tenda per vedere cosa significa un attraversamento di traffico pesante per le vallate alpine. I processi di esposizione delle popolazioni all’inquinamento e al rumore, anche e proprio per le caratteristiche morfologiche delle vallate alpine, fanno sì che in tutti questi territori vi sia una forte preoccupazione da parte degli abitanti e sovente anche una certa ostilità al fatto che vengano ampliate queste infrastrutture o, come addirittura proporrebbe il Governo sopprimendo questo Protocollo, ne vengano realizzate di nuove.

Voglio ricordare che per l’autostrada del Brennero si è escluso, nel tratto sopra Verona, verso l’Austria, di realizzare la terza corsia, mentre il Governo immagina o almeno simbolicamente include tra i progetti da realizzare anche la prosecuzione dell’autostrada Venezia-Monaco, l’autostrada “Alemania”, ferma com’è noto a Pian di Vedoia, sulla quale peraltro sono contrarie, ad esempio, tutte le popolazioni residenti nelle località intorno a Cortina, che sarebbero attraversate da quella infrastruttura.

Quindi, il primo ragionamento che voglio fare è proprio questo.

Il Governo con questa politica dice di voler realizzare autostrade di grande comunicazione transalpina quando i Paesi nostri confinanti, ai quali si dovrebbe connettere questa rete autostradale italiana, non sono d’accordo. Faccio l’esempio dell’Austria che non solo non vuole che l’autostrada del Brennero sia ampliata (anzi, ha dei progetti di contenimento e non di ampliamento del traffico), ma è contraria all’autostrada “Alemania”.

È inutile ricordare che cosa sta facendo la Svizzera che ha un progetto – l’Alpentrans – di potenziamento ferroviario in atto e da tempo ha posto dei limiti fortissimi (intermodale, tassazione pesante) al trasporto su TIR, destinando le proprie risorse e le proprie politiche al potenziamento del trasporto su ferro. Quindi, la Svizzera non è assolutamente favorevole – e da molto tempo, non certo negli ultimi dieci anni – a potenziamenti della rete stradale.

Se parliamo, invece, del versante Ovest, cioè della Francia, l’Italia immagina un’autostrada Cuneo-Nizza che dovrebbe attraversare il traforo del Mercantour come autostrada di grande comunicazione, per la quale viene appunto invocata la soppressione del Protocollo trasporti.

Anche in questo caso, andando a vedere la strategia del Governo francese per quanto riguarda i trasporti, sulla base dei documenti, degli audit, delle verifiche in corso, si può constatare che i francesi discutono con noi soltanto di ferrovie e che comunque hanno qualche problema sui tempi di adeguamento di quelle strutture (penso al grande progetto infrastrutturale ad alta capacità Torino-Lione), ma nei loro piani non hanno progetti di potenziamento autostradale, così come non hanno mai acconsentito al raddoppio del tunnel del Monte Bianco.

Comprendo il valore anche simbolico di questo provvedimento: eliminare un Protocollo che afferma, con grande chiarezza, che dobbiamo astenerci dal costruire autostrade di grande comunicazione che invece sono state inserite tra le opere strategiche nella delibera CIPE e che quindi fanno parte delle nostre politiche governative. Voglio però segnalare che questi progetti non sono condivisi dai Paesi nostri confinanti, per cui si tratta soltanto di una questione simbolica, che rischia semplicemente di portarci fuori dalle politiche europee.

Passo ora a quello che io considero il secondo argomento. (La relatrice, senatrice Ioannucci, si allontana dall’Aula). Il Governo italiano, soprattutto in occasione di questo semestre di Presidenza europea, sta lavorando alacremente per la revisione del Piano delle reti transeuropee di trasporto e ha inserito e confermato due grandi infrastrutture (più il Ponte sullo Stretto) tra quelle per le quali viene richiesto un contributo, con il riconoscimento, per esse, di una valenza strategica europea. Peccato che queste due infrastrutture siano… (La senatrice Donati interrompe il suo intervento).

PRESIDENTE. Capisco, senatrice Donati, siamo alla ricerca della relatrice.

DONATI (Verdi-U). La ringrazio, signor Presidente, questa si chiama “captazione”.

PRESIDENTE. Avevo colto la comunicazione che si accingeva a farle il senatore Ripamonti, ma già eravamo attivi nella ricerca. Possiamo anche aspettare un attimo per vedere cosa succede. Naturalmente il suo tempo sarà recuperato, sia ben chiaro.

DONATI (Verdi-U). Questo è un intervento infelice, nei tempi e nei modi, nonostante si tratti di un tema delicatissimo e importantissimo. (La senatrice Ioannucci rientra nell’emiciclo).

Le due infrastrutture transalpine che il Governo italiano sostiene con vigore in sede comunitaria, ai fini del loro riconoscimento come d’interesse europeo e ai fini di un loro cofinanziamento, hanno a che fare con due tratte ferroviarie, le tratte ad alta capacità Verona-Monaco e Torino-Lione.

Il Governo italiano va in Europa e batte i pugni sul tavolo per sostenere che queste sono le priorità del nostro Paese per l’Arco alpino, per evitare le strozzature, per competere con l’Europa, per andare nel cuore del Continente, per evitare che qualcuno, più a Nord, ci scippi il Corridoio 5 (tutte cose che anch’io condivido). Poi, con la soppressione del Protocollo trasporti al fine di realizzare autostrade di grande comunicazione (perché questo è, purtroppo, l’effetto pratico, cioè consentire nuovamente qualcosa da cui ci si dovrebbe astenere), sostiene – credo comunque assai sommessamente, altrimenti in Europa non sarebbero molto felici di queste nostre incoerenze – che invece bisogna procedere al completamento di autostrade di grande comunicazione.

Questa incoerenza, questa schizofrenia del Governo italiano non può che preoccupare soprattutto ai fini del risultato che non abbiamo ancora raggiunto in sede europea: la lista delle infrastrutture di interesse europeo, soprattutto ora, in vista dell’allargamento, è davvero nutrita, le risorse sono limitatissime e la corsa a realizzare infrastrutture sui propri territori è davvero senza tregua.

C’è una mancanza di coerenza anche con quanto sostiene l’Unione Europea nel nuovo Libro bianco “Politica europea dei trasporti per il 2010: tempo di decidere”. La commissaria Loyola de Palacio, che ci esorta a realizzare le infrastrutture ferroviarie, ha sottoscritto un documento in cui si dice che il futuro della mobilità dell’Europa sta nelle ferrovie, nel trasporto collettivo, nel cabotaggio e nell’aumento dell’efficienza nel trasporto stradale. Quest’ultimo ovviamente ha bisogno di adeguamenti ed interventi, ma senza considerare – così è scritto – la realizzazione di nuove infrastrutture, che non costituiscono una soluzione al problema, in quanto con i fenomeni di congestione e di crescita connessi alla realizzazione di grandi infrastrutture stradali si posticiperebbe soltanto il problema.

Quindi, operando questa soppressione facciamo una pessima figura in sede europea, perché il Governo ha sottoscritto la Convenzione e i Protocolli, ha ratificato i Protocolli con un provvedimento che è stato approvato dalla Camera, e poi, in extremis, qui al Senato ne sopprime uno particolarmente importante.

C’è quindi una certa illogicità nel comportamento del Governo; rispetto a tutti i Paesi nostri confinanti che hanno strategie diverse, rispetto alle politiche europee (delle quali, tra l’altro, in questo momento, in occasione del semestre italiano di Presidenza, siamo artefici e titolari), nei cui confronti ci stiamo ponendo completamente al di fuori.

Inoltre, vorrei segnalare un altro effetto che potrebbe essere indotto da questa strategia assolutamente incoerente. Come sapete, gli aiuti di Stato nel settore dei trasporti (e in generale gli aiuti di Stato) sono sottoposti al via libera della Commissione europea proprio in quanto aiuti alle imprese. Ebbene, è di ieri la notizia che la Commissione europea ha dato il via libera agli aiuti all’intermodalità che nel territorio del Brennero sono stati consentiti, appunto, per chi accetta di mettere i camion su ferrovia.

Allora, andare in Europa a chiedere aiuti per l’intermodalità, per il trasporto ferroviario, e poi in pratica realizzare politiche profondamente diverse, quali il sostegno al trasporto stradale, anche attraverso la realizzazione di infrastrutture autostradali e stradali di grande comunicazione transalpina, suscita elementi di forte criticità. La Commissione europea, infatti, non valuta soltanto il singolo provvedimento, ma anche la coerenza delle politiche che ogni Paese assume. Gli unici incentivi e aiuti di Stato ammessi sono quelli finalizzati alla tutela ambientale, alla riconversione modale, a sistemi di efficienza (penso anche ai sistemi satellitari di controllo del trasporto merci sia su ferrovia che su strada che il progetto Galileo sostiene). Quindi, un complesso di supporti ad innovazioni e tariffe a sostegno dell’intermodalità.

Per questa ragione pratica e logica di coerenza politica, anche con i programmi che sosteniamo in sede europea, chiedo a Governo, relatore e maggioranza – se fosse presente in Aula – di sostenere l’emendamento da me presentato che è volto a ripristinare il Protocollo trasporti.

Invito a svolgere una discussione pacata e a verificare l’azione degli altri Paesi in tal senso. L’Austria e la Germania hanno già ratificato il Protocollo; la Francia si sta apprestando a fare altrettanto senza prevedere modifiche (ho svolto una verifica in tempo reale proprio ieri). Così facendo, l’Italia si pone completamente al di fuori delle politiche europee, mi auguro soltanto per questioni simboliche.

Ritengo quindi opportuno operare un ripristino; tra l’altro, questo significherebbe anche l’approvazione definitiva del provvedimento e la ratifica di tutti gli altri Protocolli. Viceversa, se persisterà la volontà di sopprimere il Protocollo, il testo dovrà tornare all’esame della Camera, determinando ulteriori incertezze sul complesso della ratifica di tutti i Protocolli.

Dico questo con cognizione perché seguo le politiche europee. Non poniamo il Governo italiano al di fuori di esse nel momento in cui abbiamo estremo bisogno di rimanere ancorati a questa discussione e ai programmi stabiliti dall’Europa nel campo della mobilità e dei trasporti, poiché molte risorse, aiuti ed autorizzazioni passano proprio per le sedi e le istituzioni europee.

Anche per questa ragione vi chiedo di riflettere attentamente sulla soppressione del Protocollo trasporti. La ringrazio, signor Presidente, per il tempo che mi ha voluto concedere per svolgere il mio intervento.

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