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Mobilità, infrastrutture, ambiente: la transizione giusta per la sostenibilità

Legge Obiettivo (3a lettura)

29 Novembre 2001

XIV legislatura

Seduta n. 81

Delega al Governo in materia di infrastrutture (A.S. 374-B)

Discussione generale

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, questo provvedimento torna alla nostra attenzione dopo essere stato già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati. Esso contiene alcune modifiche, che non sono però significative rispetto alla sua sostanza.
In particolare, la Camera dei deputati ha modificato la parte riguardante i rifiuti – di fatto soppressa – lasciando in vita, però, quella relativa alle norme interpretative sugli inerti ad uso di scavo, anche di gallerie. Ciò ci preoccupa e ci dispiace perché questa disciplina interferisce con alcune inchieste della magistratura ancora in corso e deriva da un’interpretazione estensiva della norma ai fini del controllo della qualità degli inquinanti sui terreni di scavo.
Esaminando le altre parti del provvedimento che più ci preoccupano come ambientalisti, ricordo che esso affronta altri due temi fondamentali per la tutela dell’ambiente, per il rilancio delle infrastrutture e per l’offerta di servizi di qualità ai nostri cittadini, e non solo agli italiani.
Una parte riguarda autorizzazioni senza regole a concessioni edilizie che potranno essere avviate in assenza di capacità di controllo da parte delle amministrazioni locali (la cosiddetta super VIA) che metteranno nelle condizioni, in particolare i centri storici, di essere modificati senza troppi controlli rispetto alla finalità, agli usi e alle metrature.
Il terzo aspetto riguarda il rilancio delle infrastrutture, cioè quello che è un po’ l’oggetto del nostro conflitto e confronto, che non ha trovato assolutamente nessuna sede, né di Commissione né di voto di fiducia, in nessuna parte del Parlamento, ma neanche fuori, dove si è aperto un forte dibattito.
Anche noi siamo d’accordo che il Paese ha un deficit infrastrutturale, ha bisogno di più ferrovie, di più servizi idrici, di più metropolitane, ha bisogno cioè di riqualificare gli investimenti finalizzandoli con politiche coerenti, esattamente ciò che il provvedimento in esame non fa. Di fatto il ministro Lunardi propone soltanto un rilancio di strade e autostrade che non faranno altro che alimentare la crescita del traffico motorizzato, che già cresce in modo enorme, congestionando e rendendo inefficiente il nostro sistema pubblico e privato di mobilità.
Perché non ci piace questo provvedimento? Innanzitutto perché non contiene nessun criterio coerente di selezione. Quali sono le opere che verranno effettivamente realizzate e sulla base di quali progetti concreti di integrazione e cooperazione tra le diverse modalità? Il provvedimento contiene una delega al Governo per una semplificazione, se non forse una deroga totale in materia di valutazione di impatto ambientale. Siamo sicuri che è improponibile nel 2001 immaginare di fare grandi opere pubbliche, di cui in parte abbiamo anche bisogno, senza una accurata attenzione alla tutela dell’ambiente e del nostro patrimonio ambientale e paesaggistico. Questa strada è destinata a non portare molto lontano chi vuole rilanciare le infrastrutture.
Anche in termini di appalti e concorrenza il provvedimento modifica, per le opere strategiche che verranno individuate, la legge Merloni. Anche in questo caso è richiesta una delega futura, con l’indicazione della scelta di un contraente generale (scelto correttamente attraverso una gara) che di fatto diventerà un soggetto titolato a non effettuare subappalti, a realizzare con qualsiasi mezzo le grandi infrastrutture.
Qual è la difficoltà di questo provvedimento? Che le imprese italiane non sono pronte per questo tipo di gara e che questo di fatto costituirà una forte sottrazione di mercato alle piccole e medie imprese italiane. Quindi, quando si invoca il rilancio delle infrastrutture come uno degli strumenti utili per rilanciare l’occupazione in Italia, nulla è più falso. Voglio anche ricordare che si tratta di una occupazione temporanea, perché la realizzazione di un’opera pubblica dura al massimo da tre a dieci anni e poi ci ritroveremo nelle stesse condizioni di prima, non avremo cioè dato al mondo del lavoro, ai giovani in particolare, una prospettiva duratura e credibile con un lavoro di qualità.
Ancora: il provvedimento contiene procedure ampiamente anomale. Voglio ricordare solo quella che riguarda i progetti esecutivi delle grandi opere infrastrutturali che verranno proposti dal ministro Lunardi, ma verranno approvati dal CIPE che, come è noto, è uno strumento operativo del Ministro dell’economia e che non ha le capacità tecniche per approvare i progetti esecutivi.
Infine, l’assenza del coinvolgimento degli enti locali, che avevamo già sottolineato anche nel precedente dibattito di luglio, è totale. Le Regioni vengono sentite, i comuni e gli enti locali vengono informati dei grandi progetti che verranno realizzati sui loro territori e tutto ciò in spregio alla Costituzione che attribuisce una forte potestà agli enti locali di valenza e scelta sui propri territori, ancora più grave dopo la modifica dell’articolo 117 della Carta fondamentale, in cui le grandi reti di trasporto e di navigazione sono parte di quella competenza legislativa concorrente, confermata anche dal referendum, rispetto alla quale lo Stato deve soltanto indicare i grandi principi, i criteri ispiratori, mentre l’attribuzione, le scelte e le decisioni devono restare ai livelli locali. Oltretutto i progetti esecutivi verranno approvati dal CIPE semplicemente informando gli enti locali. Sono sicura che questo meccanismo non funzionerà, perché è impensabile nel nostro Paese realizzare infrastrutture senza coinvolgere i cittadini e gli enti locali. Non si fanno le opere pubbliche attraverso forzature o attraverso l’uso delle forze di polizia, perché questo stiamo preparando.
Ancora, il ministro Lunardi aveva annunciato questa norma evidenziando l’esigenza di costruire le grandi opere strategiche che in questo Paese non sono state mai realizzate e che non erano in corso di realizzazione. Ovviamente, ciò è in parte falso. Voglio ricordare che una società del ministro Lunardi tuttora è impegnata nell’ambito dei grandi progetti infrastrutturali del nostro Paese, tra cui l’alta velocità ferroviaria e le reti infrastrutturali; il Parlamento deve porsi il problema di questo enorme conflitto di interessi. Ci troviamo in un caso molto concreto in cui un Ministro progetta un’opera e ne decide il suo finanziamento, la sua priorità e il suo progetto definitivo, quindi con un palese conflitto di interessi, tuttora ampiamente irrisolto.
Vorrei evidenziare che dalle iniziali dieci opere strategiche che potevano essere oggetto di un provvedimento, anche con forti semplificazioni che andassero nel senso della prosecuzione delle riforme realizzate negli ultimi cinque anni dai Governi di centro-sinistra, ma iniziate anche in precedenza (per esempio la semplificazione della Conferenza dei servizi, la nuova legge di riforma degli appalti, il piano generale dei trasporti, tutti strumenti che tendono a mettere a regime in modo trasparente scelte pubbliche che utilizzano grandi risorse pubbliche), si è passati, con il meccanismo infernale messo in moto con la legge Lunardi (il Ministro non è presente in questa sede perché si sta recando nelle diverse Regioni per raccogliere i desiderata delle stesse e, come è noto, i desideri sono per loro definizione illimitati), ormai a circa ottanta opere strategiche nel nostro Paese che, se venissero adottate e approvate, ci metterebbero nelle condizioni di dover trasferire dalla legislazione ordinaria, controllabile e verificabile, ad una legislazione di emergenza tutti i nostri investimenti.
Siamo quindi molto preoccupati che una fetta consistente dei futuri investimenti sia soggetta ad un regime derogatorio discrezionale, che sottrae alle medie imprese italiane una fetta ingente del mercato al quale riteniamo abbiano diritto di concorrere anch’esse.
Inoltre, siamo preoccupati che secondo il ministro Lunardi le preferenze debbano andare a strade e autostrade, mettendo in secondo piano le ferrovie. Voglio ricordare che è stato lo stesso ministro per l’ambiente Matteoli a far presente al Ministro delle infrastrutture che c’era bisogno di più ferrovie e di meno autostrade e che la semplificazione ambientale non potrà eludere comunque una corretta valutazione di impatto ambientale.
Ancora, siamo preoccupati perché di fatto si escludono le grandi reti metropolitane da questo provvedimento, perché, nella legge finanziaria, diversamente da quanto il Ministro dei trasporti ha annunciato in ogni sede, incluso il mitico “Porta a Porta” nel qual vennero presentati i prospetti del presidente Berlusconi, non è contenuta una lira aggiuntiva per realizzare infrastrutture che i nostri cittadini, soprattutto nelle grandi città, attendono con urgenza.
Infine, c’è la grande incognita delle risorse, con la quale poi ogni provvedimento deve misurarsi. Il ministro Lunardi parla di 236.000 miliardi da attivare in dieci anni; di questi, 50.000 miliardi dovrebbero venire da fondi comunitari. Un ordine di grandezza che non esiste in nessun documento e in nessuna discussione in sede europea rispetto all’uso e alle disponibilità di fondi strutturali nell’ambito del quadro comunitario di sostegno. Ancora, 65.000 miliardi dovrebbero venire da autofinanziamenti e dalla redditività degli investimenti, da cui i privati dovrebbero ricavare le risorse.
Sappiamo perfettamente che le grandi reti infrastrutturali, che rendono nel lungo periodo, che hanno costi elevatissimi, perché sono per l’appunto infrastrutture pesanti, non sono mai oggetto di grande interesse per i privati (contrariamente a quanto avviene in altri Paesi europei), che si riversano maggiormente in altri settori e in piccoli progetti che danno una credibile redditività nel medio periodo.
Concludo ribadendo che abbiamo sprecato un’occasione per fare un ragionamento credibile e serio sulle dieci opere strategiche che servivano al nostro Paese. Si è messo in moto un meccanismo che definirei diabolico, per cui alla fine il rischio concreto è che in questo Paese si facciano le opere meno utili, più costose e che magari interessano di più chi dovrà costruirle a scapito dei servizi che sono in grado di offrire ai cittadini e il tutto sulla base delle semplificazioni previste, in parte in spregio alla trasparenza e alla concorrenza e in parte in spregio alla tutela dell’ambiente, che noi riteniamo un elemento costitutivo importante e fondamentale sul quale centrare le politiche di sviluppo del nostro Paese. (Applausi del Gruppo Verdi-U e del senatore Cambursano).

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