XV legislatura
Atto n. 4-03233
Pubblicato il 19 dicembre 2007
Seduta n. 269
DONATI – Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole alimentari e forestali, della giustizia e della salute. –
Premesso che:
il settimanale “L’Espresso”, nel numero del 9 giugno 2005, ha pubblicato un articolo dal titolo “Parla un Boss, così lo Stato pagava la ‘ndrangheta per smaltire i rifiuti tossici” nel quale sono contenute inquietanti rivelazioni sulle criminali convergenze tra malavita internazionale, personaggi di spicco della politica e dello Stato italiano, circa lo smaltimento di scorie radioattive e altri rifiuti tossici;
l’articolo fa riferimento ad un traffico di rifiuti tossici che dall’Italia avrebbero raggiunto la Somalia e all’affondamento di navi cariche di scorie nocive a largo delle coste italiane, segnalando in particolare tre casi: a largo di Maratea, di Genzano e di Cetraro;
la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Paola (Cosenza), anche in relazione alle citate notizie di stampa, ha aperto da tempo un’indagine che si inquadra nell’ambito della più ampia inchiesta giudiziaria denominata “Nettuno”. Risulta, inoltre, che anche la Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Catanzaro si stia occupando del caso in questione;
nel corso di detta inchiesta, la Marina militare italiana e la società specializzata Blue Teak, incaricata dall’autorità giudiziaria, hanno individuato due relitti a largo della costa calabrese, entrambi in Provincia di Cosenza: uno di fronte Cetraro, a circa cinque miglia dalla costa e a circa quattrocento metri di profondità, l’altro in prossimità di Belvedere Marittimo, a dieci miglia dalla costa e a cinquecento metri di profondità;
anche a causa della mancanza di fondi, la Procura della Repubblica non avrebbe potuto verificare la presenza di liquidi e/o di sostanze tossiche, nonostante nel corso delle indagini fosse stata rilevata una grossa macchia scura, del raggio di circa trecento metri, avvistata intorno all’imbarcazione ritrovata sul fondale di Cetraro che le speciali attrezzature denominate “said-scansonner” della Blue Teak hanno classificato come “corpo estraneo”;
l’Ufficio circondariale marittimo di Cetraro, sulla base della nota Prot. nr. 04.02.6748 del 10 aprile 1007 della Direzione marittima di Reggio Calabria, avrebbe emanato una specifica ordinanza con la quale, a seguito dei risultati di alcune analisi condotti su delega della Procura della Repubblica di Paola che avrebbero evidenziato il superamento del valore di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) nei sedimenti marini compresi tra Belvedere Marittimo e Cetraro, relativamente all’arsenico (area 1 e 2) e cobalto (area 2), nonché un valore molto alto per l’alluminio e valori del cromo di attenzione nelle aree 1 e 2, al fine della tutela della pubblica e privata incolumità, avrebbe disposto il divieto di effettuare attività di pesca a strascico nell’area interessata;
un quantitativo preoccupante di metalli pesanti sarebbe stato rinvenuto nel pescato prelevato nelle acque del mar Tirreno, lungo la fascia costiera che va da Campora San Giovanni a Cetraro, da parte dell’Ufficio circondariale marittimo di Cetraro in collaborazione con il Servizio veterinario della locale Azienda sanitaria,
si chiede di sapere:
se e di quali notizie dispongano i Ministri in indirizzo in merito ai fatti denunciati in premessa e se questi corrispondano al vero;
quale sia l’effettiva pericolosità per l’ambiente e la salute pubblica dovuta alla presenza nel tratto di mare Cetraro – Belvedere Marittimo di sostanze tossiche così come individuate nell’ordinanza dell’autorità marittima;
quali siano le ragioni della lentezza con la quale si è proceduto ai ritrovamenti dei relitti e ai rilevamenti del materiale sversato dalle “navi pattumiera” e se la Marina militare italiana abbia potuto disporre, nel caso concreto, di mezzi adeguati ad affrontare le indagini in mare senza mettere a rischio l’incolumità fisica dei sommozzatori;
se e quali provvedimenti i Ministri intendano adottare con riferimento alla vicenda in oggetto, ciascuno per la parte di propria competenza, e se, in particolare, non si ritenga opportuno supportare le indagini della Procura della Repubblica di Paola mettendo a disposizione il personale e le strutture dell’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT).