Articolo di Anna Donati sul rilancio delle grandi opere del Governo Berlusconi pubblicato su Il Manifesto. Lo stato dei progetti e delle risorse. Mancano i cantieri utili per muoversi in città.
di Anna Donati
Con il Governo Berlusconi si torna a parlare di grandi opere e si torna a dare i numeri su quanto costa avviare il “Cantiere Italia”. Entro il 30 giugno il Governo dovrà presentare insieme al DPEF l’Allegato Infrastrutture indicando priorità e risorse effettivamente destinate per le infrastrutture strategiche, passando dunque dagli annunci ai fatti.
Sempre in quella data si concluderà il lavoro dell’Osservatorio Tecnico sulla TAV Torino-Lione e da come verranno accolti e rispettati i risultati risulterà chiaro l’atteggiamento del Governo, se prevarrà la voglia di tornare alla legge obiettivo come è già stato ventilato, o se resterà in campo la linea del dialogo.
Intanto le prime manovre del Governo vanno esattamente nella direzione opposta: per finanziarie taglio dell’ICI e detassare gli straordinari sono stati requisiti 1,4 miliardi destinati ad infrastrutture per la Sicilia e la Calabria, e sono state tagliate tutte le risorse per trasporti e mobilità della finanziaria 2008 a partire dal Trasporto Pubblico Locale.
Alle concessionarie autostradali è stato invece assicurato dal Governo un autentico regalo con un emendamento al Decreto Legge per l’attuazione di obblighi comunitari : approvazione automatica per legge di tutte le convenzioni già firmate con Anas senza che siano sottoposte al parere del Nars, Cipe e Parlamento, che avevano osato criticarne l’impostazione a tutto svantaggio degli interessi pubblici.
Autostrade per l’Italia avrà così diritto ogni anno fino al 2038 ad aumenti tariffari pari al 70% dell’inflazione reale, senza alcuna relazione con gli investimenti e con la qualità del servizio, avendo eliminato ogni forma di price cap dalla nuova Convenzione. Il tutto di tradurrà in maggiori dividendi per le concessionarie autostradali e minori investimenti per il Paese.
Va ricordato che il Piano di opere strategiche del Governo Berlusconi nel 2001 costava circa 125 miliardi di euro, che nell’aprile 2006 sulla base delle delibere Cipe per quelle in corso di approvazione, erano lievitati a 173 miliardi di euro.
Ma il Servizio Studi della Camera dei Deputati nella ricognizione del luglio 2007 sull’“Attuazione della Legge obiettivo” ha stimato che il costo complessivo delle 243 opere è diventato in realtà 305 miliardi di euro, calcolando nuove opere ed incrementi di costo.
L’Allegato Infrastrutture al DPEF 2008 del governo Prodi, proponeva un lista selezionata di opere pari a 118 miliardi ( e quindi tagliando circa 60 miliardi rispetto ai 173 della lista estesa) e precisava che le risorse disponibili per le grandi opere in corso sommando residui, piani Anas, ferrovie, concessioni autostradali, finanza di progetto, fondi UE e fondi strutturali, ammontava a 74 miliardi di euro.
Una cifra enorme ma se confrontata ai 305 miliardi di costo globale stimato per le opere strategiche, spiega chiaramente che scegliere le priorità è un obbligo anche per il nuovo Governo Berlusconi, perché non tutte le promesse potranno essere mantenute.
Non a caso le principali opere di cui è annunciato il rilancio e l’avvio dei cantieri da parte di Ministri e Sottosegretari ( ma non da Tremonti) come il Ponte sullo Stretto, la TAV Torino Lione, la Milano Genova, l’autostrada della Maremma, non hanno alcun finanziamento e costano circa 26 miliardi di euro.
Ambientalisti e Verdi hanno criticato il Piano delle opere strategiche sia del Ministro Lunardi che quello del Ministro Di Pietro, che condivideva l’impostazione della Legge Obiettivo e che ha impedito ogni riforma per il suo superamento durante il Governo Prodi.
Piani che destinano circa il 50% al rilancio del settore autostradale e ben poche briciole, circa il 6% per reti urbane e metropolitane.
E’ vero che l’Italia ha fame di infrastrutture ma quelle che mancano davvero sono quelle per muoversi in città e nelle aree metropolitane: basti pensare che la città di Berlino ha da sola più chilometri di reti e ferrovie metropolitane di tutte le città italiane messe insieme.
Il rilancio delle Autostrade con vecchi progetti anni ‘70 preoccupa non poco gli ecologisti italiani mentre il territorio, gli insediamenti e la mobilità sono profondamente cambiati. In alternativa ad autostrade pesanti che scavalcano i territori (come la BreBemi, la Pedemontana Veneta o l’autostrada della Maremma) sono state elaborate soluzioni innovative ed intelligenti come lo studio presentato dal WWF Italia “Metropoli Tranquille” con progetti utili a servire il territorio nel bacino padano.
Del resto è sempre più evidente il legame stretto tra urbanistica ed infrastrutture che si sorreggono a vicenda in una spirale di continua cementificazione del territorio, come ben dimostra anche la nuova superlegge obiettivo della regione Lombardia: chi costruirà nuove autostrade potrà automaticamente costruire ai lati tutto quello che vuole!
Staremo a vedere nelle prossime settimane le scelte concrete del Governo Berlusconi.
Noi continuiamo a pensare che con sei miliardi di euro è più intelligente acquistare 1000 treni per i pendolari che realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina.
10 giugno 2008